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Ieri Speranza su Repubblica, oggi D’Attorre sul Corriere della Sera. Continuano le interviste delle testate nazionali ai “ribelli” lucani che hanno alzato una trincea all’interno del Pd contro il metodo imposto da premier e maggioranza del partito in vista della votazione in Aula dell’Italicum (prevista per lunedì, dopo il primo ok in quella Commissione da cui sono stati allontanati proprio i due lucani e altri 8 dem). «L’ipotesi della fiducia è aberrante – attacca D’Attorre –. Se fosse posta non parteciperei al voto. E nel voto finale mi esprimerei, a viso aperto, contro la legge elettorale». Il 41enne di Melfi si augura «che nel governo si manifestino apertamente le voci contrarie. È ora il momento di parlare. Ci sono ministri che hanno una storia di sinistra e che non possono tacere». Le barricate arrivano sul ricorso alla fiducia, che a detta di D’Attorre, posta «su una materia del genere è incompatibile con l’equilibrio democratico. Senza fiducia – spiega ad Alessandro Trocino – si ripristinerebbe una normale dialettica». Poi un’ultima battuta sul compagno di corrente e conterraneo Roberto Speranza: «Ha fatto un atto di grande dignità, forza e coraggio. Che lo abbia fatto una persona del suo equilibrio, che non può essere tacciata di anti renzismo, avrebbe dovuto far riflettere. E invece si cerca di far passare in cavalleria anche le sue dimissioni. Del resto, per ben tre volte in commissione non c’è stato confronto. E la rimozione dei dieci membri della minoranza è un fatto senza precedenti. Credo che Renzi stia perdendo la misura».
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