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E’ STATO CONDANNATO in primo grado a due anni di reclusione e ad altrettanti di interdizione dai pubblici uffici (con sospensione condizionale della pena), il vicequestore della Polizia di Stato Antonio Pagano che era stato rinviato a giudizio per concussione ai danni di Mario Prete e per tentativo di violenza privata ai danni di Tiziana Magno (ma per questo capo di imputazione il tribunale collegiale di Potenza ha assolto l’imputato per insufficienza di prove). E’ stato anche determinato il risarcimento del danno di 5 mila euro a favore di Prete. La richiesta del pm Annagloria Piccinini era di 3 anni di reclusione.
I fatti risalivano all’ottobre del 2007 quando si interruppe la relazione tra la donna e il poliziotto, per volere di lei. Al vicequestore proprio non va giù e quando la ragazza gli chiede di portargli l’auto dal meccanico, lui le installa un telefono cellulare nel vano delle luci di servizio, imposta la risposta automatica e toglie la suoneria. Con questo metodo in qualsiasi momento può telefonare e ascoltare quello che accade in auto. Così scopre che la sua ex ha dato un appuntamento a un uomo. E allora chiama una pattuglia, lo fa fermare e lo minaccia. Si ipotizzò l’intercettazione illecita. E i carabinieri del nucleo investigativo di Potenza scoprono che il telefono comincia a ricevere proprio dal giorno in cui la ragazza va a ritirare l’auto. Il gip spiegò che «abusando della sua funzione» l’indagato «arrecava un danno ingiusto» all’uomo che era a telefono con la ragazza. Lo costringeva a fermarsi con la sua auto «per un ingiustificato controllo di polizia» effettuato, secondo il gip, «al di fuori dai casi previsti dalla legge» e motivato «da ragioni personali». Il gip ricostruì la storia: «In particolare, l’uomo, dopo essersi incontrato con la ragazza, con la quale Pagano aveva intrattenuto una relazione sentimentale ormai finita per decisione della donna e non accettata di buon grado dall’indagato, veniva fermato mentre era alla guida della sua macchina da un’auto civetta, dalla quale scendeva una persona che si qualificava come agente di polizia e gli chiedeva i documenti. Poco dopo sopraggiungeva Pagano che, prendendolo per un braccio e ingiuriandolo in modo grave, gli intimava di lasciar stare la donna e di non vederla più, quindi lo tratteneva contro la sua volontà per 30 minuti, facendogli con insistenza domande sul suo rapporto con la ragazza». Poi la minaccia: «Ti faccio arrestare». E ancora: «Sei controllato a vista, giorno e notte». All’epoca il vicequestore fu anche sospeso dal servizio per «la commistione tra il suo ruolo e la sua sfera privata».
Il capo di imputazione però è stato unificato in concussione ai danni dell’uomo e di qui la condanna pronunciata ieri pomeriggio. Insufficienza di prove, invece, per il tentativo di violenza privata ai danni della donna.

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