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«La Florida è un po’ la Puglia americana». La frase di Michele Emiliano, il politico che dialoga via twitter con Frank Underwood, è, come dire, un po’ estrema ma rende l’idea. E il governatore Vendola che nel discorso di fine (doppio) mandato, martedì, rivendicava di aver reso la Puglia un “brand” è in un certo senso complementare. In 10 anni – Salento, Taranta e Negramaro a parte – il tacco d’Italia ha registrato un exploit e rivoluzionato le teorie di gestione-fruizione dei beni turistici e valorizzazione di quelli culturali; ma anche l’aver creato un marchio – usiamo anche l’italiano per i nostri amici accademici della Crusca – unico per tutti gli eventi estivi e non, ha in un certo senso fatto scuola. Il miracolo pugliese in questi giorni è in parte offuscato, eppure in tempi di Xylella, e a proposito di “brand”, ecco la Puglia raccontata da un altro tipo di Ulivo: quello d’oro dato a Bertrand Tavernier alla XVI edizione del Festival del cinema europeo di Lecce. Il 74enne regista di “Quai d’Orsay” ha lanciato un appello in difesa della Decima Musa ieri dalle colonne della Gazzetta del Mezzogiorno.
Il ruolo delle Regioni in tempi di tagli dal governo centrale è proprio trasformare le proprie risorse più o meno immateriali in introiti dalle ripercussioni comuni sugli abitanti, in termini di servizi e vivibilità. Da qualche giorno, il governatore della Basilicata Marcello Pittella sta spingendo molto su un aspetto: la fuga dei cervelli può essere fermata se le intelligenze restano in regione e mettono le proprie competenze a disposizione della loro terra. Ha suggerito uno degli ambiti d’intervento su cui canalizzare il know-how (il patrimonio artistico-culturale, con particolare riferimento ad alcuni gioielli poco conosciuti anche a tanti lucani, come ad esempio le chiese rupestri) e immaginare nuovi modelli di gestione e fruizione. Per corroborare il proprio ragionamento, in assemblea aperta con gli studenti di un liceo scientifico, ha citato il caso delle catacombe ebraiche di Venosa, non proprio un esempio di come si valorizza un sito. Certo, il percorso che porta a una App a tema appare alquanto tortuoso se non futuribile. Eppure gli strumenti ci sono: come scrive oggi il Sole24Ore, il decreto legge sulle banche popolari premierà non solo l’innovatività delle start up ma anche quella delle società costituite da più tempo: la platea dei beneficiari delle agevolazioni, fatta salva la validità dell’idea ma a prescindere dalla forma giuridica e dall’“età”, è dunque destinata ad allargarsi creando opportunità senza alcuna penalizzazione.
Sempre sul giornale di Confindustria, ma domenica scorsa, Andrea Carandini, decano degli archeologi prima che presidente del Fai, ribadiva come in tema di patrimonio artistico e ambientale va incentivata la libera iniziativa dei cittadini nello svolgimento di attività di interesse generale: da Costituzione «lo Stato deve conservare il monopolio del controllo e dell’indirizzo della tutela» ed «è autorizzato a coinvolgere i privati capaci nella progettualità, promozione e fruizione dell’immane patrimonio, assai mal maltenuto». Poi si domanda «se la parte gestionale non debba avere in futuro un carattere almeno in parte privatistico: l’esempio del risorto Museo egizio di Torino è d’insegnamento» e cita Tocqueville (che «ha dato un’importanza straordinaria ai “corpi secondari”, volti a connettere gli individui allo Stato, facendolo partecipare alla vita civica»), Mill (i cittadini, «individualmente piccoli, sembrano capaci di grandi cose solo in virtù della nostra abitudine ad associarci») e Bobbio sulle «società aperte e plurali» che «non possono prescindere dall’azione dei “corpi sociali intermedi”, che grazie alla loro autonomia interconnettono cittadini e Stato nella vita civica». Insomma, la faccenda va ben oltre i consumi, per quanto culturali, e occupa il campo della stessa democrazia declinando i sempre attuali atout della partecipazione. «Conta non più soltanto la proprietà pubblica, ma la funzione pubblica, che può essere pienamente esercitata anche da privati. (…) Non è questione di diminuire o allargare la sfera pubblica o quella privata, ma di far fare a ciascuno il compito che più gli è congeniale», argomentava l’archeologo romano sulla Domenica del Sole.
La nostra Carta all’articolo 118 annota che «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà» e lo stesso Carandini commenta che «agli articoli 111-112 del Codice dei beni culturali è tutto un concorrere, concertare e integrare tra pubblico e privato». Che sia davvero la volta dei cittadini?.
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