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«La storia di Elisa è il perfetto manuale di tutto quello che non si deve fare in caso di scomparsa»: lo ha detto Gildo Claps, il fratello di Elisa, la studentessa potentina uccisa all’età di 16 anni il 12 settembre 1993 – il cui cadavere fu ritrovato nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità, a Potenza, nel 2010 – nel corso di un processo per diffamazione in cui è imputato il vicepresidente di Libera, don Marcello Cozzi.
Rispondendo alle domande di uno degli avvocati, Claps ha spiegato che «nella vicenda vi sono stati molti depistaggi», ma «non posso dire che vi siano state coperture da parte di Michele Cannizzaro e del pm Felicia Genovese» che nel 1993 si occupò delle indagini sulla scomparsa di Elisa. Durante le primissime ore dalla scomparsa, ha aggiunto il fratello di Elisa, «vedemmo
Danilo Restivo», condannato a 30 anni per l’omicidio della studentessa, «molto agitato e su molte cose annaspò», ma «noi siamo stati sempre convinti della sua colpevolezza e lo abbiamo
‘inseguitò per 17 anni»: se «tutte le indagini fossero state fatte come si deve – ha proseguito – con l’acquisizione degliabiti e le verifiche sull’alibi, la vicenda si sarebbe chiusa in 48 ore e forse avrebbero ritrovato anche il coltello con cui Elisa fu uccisa».
Il processo parte da una querela di Genovese, e del marito, Michele Cannizzaro, per alcune dichiarazioni fatte da don Cozzi.
La prossima udienza si svolgerà il 7 settembre: dovrebbero essere ascoltati lo stesso sacerdote, e la conduttrice della trasmissione della Rai «Chi l’ha visto?», Federica Sciarelli.
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