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IL RENZISMO si è fermato ad Eboli, come sostiene Antonio Polito? E se così fosse sarebbe un male? La tesi ricorda molto il teorema Mezzogiorno sul malaffare riconducibile a un endogeno costume amorale delle classi dirigenti meridionali. A sua volta connesso alla teoria di una strutturata cura, da parte dei cittadini meridionali, degli interessi familiari prevalente rispetto alla cura del bene pubblico. Basterebbero le cronache giudiziarie degli ultimi mesi (mose, expo, Roma) per dimostrare il contrario. E anche a voler fare una contabilità delle presenze meridionali nel circuito della politica ultraregionale potremmo ricordare vari nomi, tra l’altro molti lucani. Il punto vero della discussione che ci interessa, discussione sicuramente utile, è la valutazione che Polito fa del renzismo come weltanschauung contemporanea in assenza della quale residuerebbero alle nostre latitudine solo potentati e anche un bel sostrato di arretratezza. Non è il Pd ad essere un potentato, è la politica in crisi avanzata di rappresentatività e reputazione (come i giornali del resto), qui come a Venezia, a Reggio Calabria come a Milano. Forse a ben guardare il fenomeno De Luca (Campania), contro il quale nulla avrebbe potuto Renzi, altro non è che un’anticipazione di quel leaderismo fuori dalle regole, di quella politica brandizzata di cui il nostro Renzi è l’epifania più antropomorfizzata. A sud di Eboli esiste anche una cooperazione sociale e un attivismo dei cittadini che sarebbe ingiusto dimenticare. Che è la vera realtà politica da coltivare in alternativa al renzismo. Da questo punto di vista il renzismo al Sud stenta ad attecchire perchè ci sono contrappresi e argini. I potentati non si combattono con un altro potentato, ma con quel bisogno di politica attiva (certo a volte espressione di bisogno e non di convinzione) che in verità Renzi non ha saputo ascoltare, disprezzandolo, anzi, e lasciando la mediazione che non funziona più- questo sì – a una classe dirigente che deve competere con l’arroganza risolutiva del nostro premier leggibile anche nelle riforme, come quella del titolo V della Costituzione. Renzi cerca anch’egli consenso, non condivisione. Scrive Isaia Sales (potete leggere su Zoomsud.it): “lo Stato si è ritirato dal Sud, e per meglio mascherare la ritirata c’è stato bisogno di convincere i meridionali che se lo meritavano. E in questo modo si è chiuso il lungo capitolo del dare e dell’avere tra Stato italiano e Sud che ha accompagnato e in parte condizionato la storia della nazione. Ma l’operazione ideologica di fare del Sud la sentina di tutti i mali del Paese viene smentita quotidianamente, eppure non si sviluppa una reazione pari a quella che è stata messa in atto per giustificare una diversa attribuzione di risorse. Mancano al Sud la voce e i mezzi sufficienti. Eppure basterebbero pochi dati per convincersi di come il teorema non aveva e non ha nessuna base scientifica né tantomeno culturale e politica”.
Oltre Eboli ci sono più Sud. E una umanità diffusa fatta di banditi e galantuomini, come nel resto d’Italia. La liberazione non è il governo della nazione. E poi Levi? Se fosse vivo saprebbe da quale parte stare. Dubito dalla parte di Renzi.

l.serino@luedi.it

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