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MARSICO NUOVO – Il sito in cui è in via di realizzazione il pozzo Eni “Pergola 1” è inquinato. A certificarlo è Arpab che ha provveduto a inviare quanto emerso dai monitoraggi ambientali a Regione, Provincia di Potenza e Comune di Marsico. Sono i risultati relativi alla matrice suolo e sottosuolo a far emergere contaminazione da metalli pesanti e idrocarburi. A superare le soglie massime consentite per sito a uso verde pubblico dettate dal decreto legislativo 152 del 2006, sono sostanze quali berillo, cadmio, rame, tallio e cosiddetti idrocarburi pesanti (C>12). E in alcuni casi si tratta anche di sformanti importanti.
I monitoraggi realizzati da Arpab sono relativi a marzo e a novembre 2014. E fanno parte di quella serie di accertamenti previsti dal Piano di monitoraggio ambientale affidato all’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente per il progetto di perforazione del pozzo Apprasail: il pozzo Eni che ricade nel Comune di Marsico Nuovo. Quattro sondaggi su campioni di suolo e sottosuolo prelevati nel periodo precedente alla costruzione del pozzo. Lo scopo è proprio quello di misurare la “salute” del territorio, prima che abbiano inizio le attività. Qual è il progetto di Eni nella frazione di Pergola? Perforare un pozzo a più di 4.000 metri di profondità per valutare quanto petrolio ci sia e quanto sia esteso il giacimento. Se, insomma, sia economicamente conveniente o meno l’attività di coltivazione di idrocarburi. La concessione è sempre quella della Val d’Agri. Un pozzo, quindi, frutto dei vecchi accordi. A cui la Regione ha dato il via libera nel 2012. L’anno successivo Eni otteneva tutte le autorizzazioni: urbanistiche e minerarie, nulla osta del vincolo idrogeologico, giudizio favorevole di compatibilità ambientale e l’intesa della Regione, oltre all’approvazione del Piano di monitoraggio ambientale da parte di Arpab. A dispetto dell’ampio fronte di cittadini contrari alla sua realizzazione. Non solo lucani. A scendere in piazza contro il “Pergola 1” anche i campani, che lo scorso 25 ottobre si erano dati appuntamento ad Atena. Ne era nata anche una petizione per tentare di bloccare i lavori. E la questione delle perforazioni a scopo di ricerca (e successivamente, eventualmente, anche di estrazione) nel territorio di Marsico era costata anche una feroce contestazione alle istituzioni nel corso dell’incontro che teneva ormai un anno fa proprio in quel comune. Tanto da spingere il presidente Pittella ad abbandonare i lavori.
Qualche mese dopo, invece, era Eni a ricorrere a una conferenza stampa per sollecitare tempi più rapidi per gli adempimenti amministrativi e denunciare un certo fastidio per i pesanti ritardi sulla tabella di marcia del progetto: la prima istanza da parte della compagnia del cane a sei zampe risale ormai al 2009. I risultati dei nuovi monitoraggi Arpab, da cui emerge una contaminazione preesistente alla realizzazione dei lavori, comporteranno, inevitabilmente, un nuovo slittamento dei tempi. La soluzione potrebbe essere anche più semplice di quanto si pensa, sulla base, a esempio, delle caratteristiche specifiche del territorio. Ma le istituzioni competenti, ognuno per la proprie competenze e responsabilità, dovranno comunque chiarire natura e cause dell’inquinamento esistente. E soprattutto se e come questo sia compatibile con il progetto Eni.
m.labanca@luedi.it
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