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VELOCIZZARE le procedure e svolgere il prima possibile la bonifica dell’ex Liquichimica di Tito deve essere una priorità. Ma i lavori sono ancora lontani. Eppure il 18 giugno del 2013 l’Arpab certificava nero su bianco i pericoli celati dietro quella discarica di fosfogessi. In quella relazione si parla di radiazioni in atmosfera «oltre quattro volte i livelli di “fondo ambientale” della zona» ed elementi radioattivi in discarica fino a 5 volte le concentrazioni considerate sicure. E dati che «denotano l’immissione in falda di una parte dei radionuclidi presenti». Poco più a monte del Tora. Il torrente che si tuffa nelle acque del Basento proprio alle porte di Potenza.
Una situazione nota, nonostante nel 2015 per 914mila euro la Agrobios scrisse l’esatto contrario. Va bene, intanto la Liquichimica è stata individuata come sito di interesse nazionale, urge quindi una bonifica. Anche perché intanto quei fosfogessi continuano ad avvelenare. Lo diceva anche l’Arpab nel 2013: «E’ necessaria l’adozione di azioni di rimedio finalizzate al contenimento della contaminazione ed alla limitazione dell’esposizione alle radiazioni ionizzanti». Ma della bonifica ancora nulla.
Adesso ad intervenire è l’europarlamentare 5 Stelle Pedicini, che parla di «ritardi intollerabili» legati all’avvio dei lavori di messa in sicurezza del sito utili a salvaguardare la popolazione dall’esposizione alle radiazioni e dalla contaminazione radioattiva.
«Circa 23 milioni di euro di fondi europei – scrive Pedicini – sono a disposizione dal 2012 ma, nonostante l’urgenza, la Regione Basilicata e il Consorzio Industriale di Potenza, che è il soggetto attuatore, non sono ancora riusciti neanche ad indire le gare di appalto per selezionare le imprese che dovranno eseguire gli interventi di bonifica».
la denuncia Pedicini l’ha presentanta alla Commissione europea assieme ad altri quattro eurodeputati pentastellati
«L’area dov’era ubicata l’ex Liquichimica – viene evidenziato nell’interrogazione – è ormai diventata un’enorme discarica e deposito di radioattivi fosfogessi e di altre sostanze altamente nocive che, nel corso degli anni, stanno inquinando le falde acquifere della zona a causa della diffusione dei radionuclidi, un’esalazione di polveri radioattive per risospensione del materiale secco e un’esposizione diretta di radiazioni gamma e neutroniche.
Le ispezioni radiometriche effettuate dall’Arpab Basilicata – spiega Pedicini – dimostrano la presenza nell’area di terreno/fosfogessi, una componente neutronica Ra-226 compresa tra 459 e 2461 Bq/kg, molto superiore ai livelli stabiliti per legge».
Allora urge l’intervento della Commissione europea «affinchè spinga gli organi competenti italiani (ministero dell’Ambiente, Regione Basilicata, Consorzio industriale di Potenza) ad accelerare i tempi per l’esecuzione dei lavori di bonifica e si facciano carico delle responsabilità che hanno nei riguardi dei cittadini residenti in quell’area, esposti, da molti anni, al rischio di danni alla propria salute.
I problemi di burocrazia e di inefficienza amministrativa e politica non possono mettere a repentaglio la salute dei cittadini e la salvaguardia dell’ambiente. Su questi aspetti, – conclude Pedicini – non si può essere leggeri o strumentali. Chi non è all’altezza dei compiti istituzionali che copre, si metta da parte e ammetta il proprio fallimento e la propria incapacità».
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