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POTENZA – «Estraneo e straniero in questa storia». Nonostante le contraddizioni e le ombre nel suo racconto. Come quella su chi avrebbe gettato «la spazzatura» che nascondeva le gambe di Elisa Claps, la prima volta che è salito nel sottotetto della Trinità. Ma era scomparsa quando è arrivata la polizia.
E’ stata un’autodifesa di 3 ore e mezzo la deposizione di don Wagno Oliveira Silva, ieri a Potenza, nel processo alle due donne delle pulizie imputate per aver mentito sul ritrovamento del corpo.
Il viceparroco, convocato come teste dell’accusa, ha confermato di essere andato con loro nel sottotetto della chiesa. Come riferito soltanto in seconda battuta agli investigatori della mobile di Potenza. Ma ha aggiunto di non aver capito che quello sotto i suoi occhi fosse il corpo di una ragazzina. Anche se un attimo dopo avrebbe chiamato comunque il vescovo, per avvisarlo che gli sembrava di aver visto un «cranio».
Don Wagno ha ribadito che quel giorno era ammalato e aveva detto messa con un forte «mal di testa». Per questo nel pomeriggio sarebbe ritornato in seminario, dov’è rimasto in convalescenza per alcune settimane. Convinto che nel sottotetto aveva visto solo «un palloncino nero». E sicuro che in ogni caso le donne delle pulizie avrebbero riferito l’accaduto al parroco, Don Ambrogio Atapka. Perciò non c’era bisogno che facesse altro.
Il sacerdote non ha saputo indicare con precisione la data della scoperta. Ed è stato smentito dall’avvocato delle due donne, Maria Bamundo, su quella del 24 febbraio 2010, segnata in uno scontrino per l’acquisto di aspirine che lui stesso ha consegnato alla polizia.
Quel giorno, infatti, dai tabulati telefonici non risulterebbero telefonate al vescovo, Agostino Superbo. Inoltre il giovane sacerdote avrebbe ricevuto la visita a Potenza di una signora di Napoli.
«Mi ha preso come un figlio. Ci sentiamo tutti i giorni». Ha spiegato. «E da quando sono in Italia mi ha anche aiutato a livello economico per mantenermi».
Difficile, quindi, che allo stesso tempo fosse ammalato o nel sottotetto della Trinità. Perciò l’avvistamento del corpo di Elisa sarebbe precedente.
Don Wagno ha raccontato che a chiedergli di salire lassù sarebbe stata una delle due imputate, Margherita Santarsiero. Scesa dalle scale della canonica «sudata e preoccupata perché aveva visto un cranio». Da sola o con la figlia Annalisa Lovito. Anche su questo in aula s’è contraddetto varie volte.
Ma non appena arrivati nell’angolo più buio del sottotetto, la situazione si sarebbe rovesciata in maniera inspiegabile. Chi l’aveva allertato avrebbe provato a tranquillizzarlo. «Era lì con la scopa in mano (Margherita Santarsiero, ndr) e mi ha detto: “Hai visto che non è niente?” Io non conoscevo la storia di Elisa Claps. Loro che la sapevano hanno detto che non era niente. A me sembrava un palloncino nero, come un pallone piccolo da calcio».
Il sacerdote ha ammesso di aver notato anche «un paio d’occhiali che ho toccato per vedere se erano una cosa antica che si rompeva subito». Più «una scarpa slacciata». Più «una bella sciarpa», che in realtà sarebbe stata il maglioncino di Elisa. Più una «croce di legno».
Eppure il pensiero che si trattasse dei resti di una persona non gli avrebbe nemmeno sfiorato la mente. A parte qualche minuto dopo, quando avrebbe chiamato il vescovo Agostino Superbo, per provare a riferirgli della scoperta di «un cranio». Mica del «palloncino nero».
La contraddizione non è sfuggita all’avvocato della famiglia Claps, Luciana Scarpetta. Né al pm Laura Triassi, che si è riservato di acquisire il verbale per valutare la verità di quanto riferito. Tantomeno al giudice Marina Rizzi, che ha chiesto al testimone più volte di chiarire il senso di quella telefonata. Oltre a come sia stato possibile non riconoscere un corpo in quello che aveva davanti.
«La scena è stata alterata». Ha detto a chiare lettere il vice parroco guardando le foto scattate dalla polizia dopo il ritrovamento “ufficiale”. «C’era tanta terra e spazzatura lì sopra». Tutte cose scomparse in maniera misteriosa il 17 marzo del 2010, quando gli operai saliti nel sottotetto per riparare un’infiltrazione d’acqua non hanno avuto dubbi.
Ma anche allora Don Wagno non avrebbe chiamato la polizia come gli era stato chiesto. «Non sapevo il numero». Si è giustificato il viceparroco, che per tutto l’interrogatorio si è espresso in italiano stentato. Aggiungendo di «essere stato trattato come un criminale in Questura». Rispetto alle discordanze con quanto dichiarato all’epoca agli agenti.
Sempre ieri sono stati sentiti anche Rocco Galasso, a lungo presidente del Centro culturale Newmann, e Michele Latella titolare dell’impresa di costruzioni che nel 1997 ha effettuato dei lavori a pochi centrimetri dal corpo di Elisa Claps.
L’udienza è stata aggiornata al 27 aprile per sentire don Pierluigi Vignola
l.amato@luedi.it
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