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Con lei rivive la tragedia dell’emigrazione. Orgogliosa delle sue origini. La longevità della famiglia.
“Mamma, mamma dammi cento lire che in America voglio andar”. Così un canto popolare nei primi anni del vecchio millennio. L’America era l’America, era il nuovo mondo, era il simbolo della libertà. Nell’immaginario comune non offriva soltanto lavoro ma dava l’opportunità di diventare ricchi e famosi. Abbiamo rivissuto quel tempo alla notizia, da noi riportata in cronaca, del traguardo di 103 anni raggiunto a New York da nonna Felicetta Di Lalla, partita da Melfi, quando aveva cinque anni, con la mamma Giovannina Bellucca e il fratellino Antonino di anni sette, alla volta dell’America, dove li aveva preceduti papà Luigi.
Una vera impresa per l’epoca e un atto di estremo coraggio. Questa donna sola con due bambini si mette in viaggio per un continente del quale non si conosceva nemmeno bene il nome, per molti era la “Merica”. Noi la immaginiamo questa mamma, che forse non si era mai spinta oltre il proprio paese, costretta dal bisogno ad affrontare un viaggio verso l’ignoto. La loro avventura inizia a Melfi, forse alle prime luci del mattino. Qui è in funzione da circa un decennio qualcosa di straordinario, il treno, fortemente voluto dal concittadino parlamentare, don Floriano Del Zio.
Ovviamente il viaggio verso Potenza è sulle dure panche in legno della terza classe. Poi la partenza per Napoli, dove mamma Bellucca affronta le tante incognite e i tanti rischi del tempo. Infine, dopo una giornata di viaggio, l’imbarcarsi, ammassati come non mai, sul bastimento che porta, per un amaro destino, “i cafoni del Sud” pe’ terre assaje luntane.
Dai ricordi di nonna Felicetta apprendiamo che era una nave a vapore, la “Duca degli Abruzzi”, salpata il 21 ottobre 1916 e giunta a New York il 4 novembre. Circa quindici lunghissimi giorni di navigazione. Durante la traversata, a volte lei e il suo fratellino piangevano per aver fame e alcuni “lavoratori in servizio sulla nave” davano loro del latte “in tazze di latta”. Poi la gioia dell’arrivo, le difficoltà dei primi anni e il naturalizzarsi americani ma sempre con la nostalgia della propria terra. Nonna Felicetta, che diviene Jenny, ancor oggi ha vaghi ricordi di Melfi e si dice sempre orgogliosa di essere melfitana. Un’appartenenza trasmessa all’intera famiglia, che sente forte il legame al luogo di origine. A completare la storia è da dire che in America il nucleo familiare Di Lalla aumenterà.
Felicetta e Antonino avranno altri tre fratelli e due sorelle. Oggi con la nostra ultracentenaria, altrettanto longevi, sopravvivono Carmela, Libera e Luigi, rispettivamente di 92, 90 e 88 anni.
E per finire raccontiamo di Felicetta che è vedova e non ha tradito la consuetudine meridionale di una famiglia abbastanza numerosa. Sposata con Jimmy Piarulli, anch’egli meridionale, proveniente da Corato, ha avuto quattro figli: Shirley, Vinnie , John e Carol. Il tutto rivive nelle foto.
Di nonna Felicetta oggi. E in quelle meravigliose d’epoca. Bambina a Melfi con il fratello Antonino, i genitori e la nonna materna. Appena giunta a New York con la famiglia e uno zio paterno, anch’egli emigrato qualche anno prima. E infine quella ricordo del suo matrimonio con mamma e papà, fratelli e sorelle. Una vera saga familiare dove le origini anche se lontane restano, rivivono e riaffiorano dalla nebbia dei ricordi. Dove uno strano richiamo ci porta sempre alle sorgenti della vita, ai luoghi di nascita e dell’infanzia, non solo personali ma anche dei nostri avi.
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