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DIGNITA’. E’ quello che hanno sempre chiesto. E’ quello che continuano a chiedere. E a sei mesi dall’inizio del presidio sotto gli uffici regionali e nei paesi di appartenenza, una rappresentanza di quelle maestranze (in regione sono circa 3.000) in mobilità (sia quelli che percepiscono un assegno e sia quelli che non percepiscono nessun sostegno), si è incontrata per fare il punto della situazione. Una situazione in preoccupante stallo che non lascia intravedere per il futuro, nulla di buono.
Dito puntato contro gli amministratori, in particolare contro la Regione.
«Ci siamo sentiti soli in questi anni – ha ribadito Michele Vitucci di Ferrandina – Abbiamo la sensazione di essere un peso per questa comunità e ci sentiamo dei parassiti».
«I nostri amministratori – ha aggiunto – forse non capiscono che cosa significhi sentirsi disoccupati. Non sanno cosa succede in quelle famiglie quando non c’è un lavoro».
Vitucci non ha nascosto la difficoltà che prova nel confrontarsi con i figli su questa situazione. Figli il cui futuro è irrimediabilmente compromesso senza un lavoro che possa sostenere la famiglia. «Ho difficoltà – ha detto piangendo Vitucci – quando i nostri figli ci chiedono se possono andare all’università».
Il suo è un appello alle istituzioni «Ridateci – ha detto – la dignitá di lavoratori. Fateci sentire vivi e utili per questa società. Non vogliamo – ha ribadito – pesare sulla collettività».
Ed è proprio questo il nodo principale. Questi lavoratori non chiedono palliativi o sussidi. Vogliono rientrare nel mondo del lavoro.
Avevano anche presentato un progetto per la forestazione del costo complessivo di 18 milioni.
«In una Regione che spende 5 milioni in contributi per sagre, investire sul nostro futuro in questo particolare settore, potrebbe essere una soluzione».
Ma a quanto pare risposte in questo senso non ne hanno avute. Qualcosa, a dir la verità si è mosso con i corsi di formazione anche se molti lo ritenfono un inutile spreco di risorse.
Lo ha fatto capire Giorgio che dopo aver ringraziato la chiesa nella persona dell’arcivescovo Agostino Superbo che «ci sostiene e ci sprona ad andare avanti», ha tirato le somme dopo 6 mesi di protesta.
«Ci hanno fatto seguire dei corsi di formazione di 51 ore costati 3 milioni di euro e altri ne partiranno a marzo. Il totale dei soldi spesi arrivano a 6 milioni, la maggior parte dei quali andranno nelle tasche degli enti formatori. Ci parlano poi di reddito minimo di inserimento a 400 euro mensili senza i contributi. Il nostro futuro – ha ribadito – non deve essere il reddito minimo. Vogliamo tornare a un lavoro vero. Insieme ai sindacati (anche se ieri erano assenti ndr) – ce la vogliamo mettere tutta per risolvere la questione». E ha concluso: «Non abbiamo piú il coraggio di guardare i nostri figli».
Nel corso dell’assemblea altri hanno parlato ma il leit motiv era sempre lo stesso: «ridateci la dignità». Continueranno nella loro personale battaglia, in attesa che qualcuno dalla Regione gli restituisca ciò che hanno perduto.
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