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Lucia Annunziata poteva uscirne meglio dall’intervista al compagno e conterraneo Vincenzo De Luca, proposta ieri su Raitre nel corso di “1/2 ora”, la sua popolare trasmissione che ci ha abituati a ben più spigolosi incontri/scontri con i protagonisti della vita pubblica. L’ex presidente della Rai avrebbe potuto documentarsi perlomeno sul nodo scorsoio della intricata storia, la condanna a un anno di reclusione per abuso di ufficio, dalla quale la legge Severino farà scaturire la sospensione di De Luca da presidente della Regione, qualora l’imputato riuscirà a farsi eleggere.

L’ex sindaco, con l’abituale linguaggio canzonatorio, si è difeso confinando la questione giudiziaria che lo insidia in un’area terminologica: da commissario governativo per il termovalorizzatore, ha sostenuto, nominò un tecnico chiamandolo per errore ‘project manager’ anziché ‘coordinatore’, conferendo, nella sostanza, ai due termini un valore equivalente, cosa assolutamente non vera. Basta dare uno sguardo agli atti del processo per rendersene conto: De Luca, con un’ordinanza che correggeva e integrava altro suo provvedimento di quattro giorni prima, a metà febbraio 2008 cassava un esperto ingegnere da coordinatore del progetto, nominando project manager il proprio capo staff (non aveva i titoli e, pare, nemmeno la laurea), assegnandogli inoltre il coordinamento del costoso progetto. Non un dato terminologico, dunque, ma una situazione capovolta se è vero che al capo staff fu assegnata la gestione operativa dell’opera, tipica del project manager. Un ruolo superiore a un generico coordinamento, come nell’ordinanza firmata da De Luca fu accuratamente specificato. A capo di un gruppo di lavoro formato da sette tra ingegneri e architetti fu così sistemata una persona che non aveva i titoli, ma che però aveva il merito, questo sì indiscutibile, di essere amico e vecchio, fidatissimo collaboratore di Vincenzo De Luca. Anche sull’esiguità della cifra percepita dal non avente diritto (ottomila euro), c’è da dire che il contenuto danno della condotta illegale di De Luca fu determinato unicamente dal mancato decollo del progetto. Se l’opera fosse stata realizzata l’onorario sarebbe stato altissimo.

Bastava leggere i documenti ufficiali o anche una sintesi giudiziaria del caso per impedire a De Luca di lanciarsi dallo schermo televisivo nell’abituale, logora liturgia di iperboli e dileggi del prossimo dietro i quali si nasconde, ormai con visibile affanno, la sua immagine usurata, simbolo della incoerente politica nella quale si dimena il Pd meridionale. Un infortunio che una giornalista esperta come Lucia Annunziata avrebbe potuto evitare con una gestione più attenta e corretta di una delle più impegnative istituzioni del giornalismo scritto qual è l’intervista. 

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