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MENTRE il governo Renzi, tra un twitter e l’altro, straccia definitivamente le tutele delle lavoratrici e dei lavoratori varando i decreti attuativi del Jobs Act – in cui gli ammortizzatori sociali diventano appannaggio di un modello privatistico di welfare che colpevolizza i lavoratori fuoriusciti dal mercato del lavoro – e mentre il governo lucano se ne va in giro a spiegare le magnifiche e progressive sorti della svendita di un intero territorio e del suo futuro perdendo di vista la realtà; mentre l’Istat ci offre una fotografia da lasciare senza fiato circa le attuali condizioni socio-economiche della Basilicata; mentre la disoccupazione giovanile – e, insieme a questa, quella femminile – raggiunge cifre da mettere seriamente in crisi qualsiasi idea di libertà e democrazia… mentre tutto questo accade, in questa nostra regione circa tremila ex lavoratori posti sotto il regime degli ammortizzatori sociali smettono di percepire, da circa un anno, qualsiasi forma di sostegno al proprio reddito e a quello delle rispettive famiglie.
Chi scrive non ha nessuna presunzione moralizzatrice nel voler colpevolizzare qualcuno, ma intende solo richiamare l’attenzione sulla necessità di una politica che torni a interessarsi dello stato reale in cui vivono gli uomini e le donne… una politica che dismetta la routine della prassi consolidata per provare a fornire risposte al dramma di circa tremila lavoratrici e lavoratori dietro cui si celano famiglie che non sanno più come comprare il necessario per vivere… per sopravvivere, perché di sola sopravvivenza possiamo parlare, con gli attuali livelli di reddito.
L’epoca in cui viviamo sembra aver oramai sposato il paradigma secondo cui tutto deve avvenire abbassando la qualità della vita di chi è posto ai gradini più bassi della piramide sociale, tanto che anche ‘chi ha la fortuna’ di conservare un posto di lavoro, viene quasi colpevolizzato per questo e, quindi messo nella condizione di dover accettare tutto quanto imposto, e facendo sì che si rimane poveri anche quando si lavora… è quello che accade per esempio a lavoratori costretti, dopo otto ore di duro lavoro alla catena di montaggio, a dover affrontare viaggi di rientro in piedi, a causa del limitato numero di mezzi per il trasporto.
Tutto questo è inaccettabile, così come inaccettabile è il gioco dei continui rimpalli circa le responsabilità cui da mesi assistiamo… un gioco che ha smesso di essere tale per diventare la fotografia della vergognosa realtà di classi dirigenti che non riescono più a garantire la sopravvivenza dei propri cittadini, nel frattempo condannati come in un girone infernale a scivolare sempre più nelle tristi maglie della povertà e della solitudine, perché i mali non vengono mai da soli, e ai danni si accompagnano sempre le beffe.
Ma le circa tremila famiglie lucane – insieme alle migliaia e migliaia di famiglie italiane – che oggi vivono il dramma del mancato finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga sono solo la punta di quell’iceberg che negli anni ha visto il lavoro e i suoi protagonisti venire subordinati alla centralità del profitto, attraverso un capovolgimento formale e informale della carta costituzionale.
Ripartire dunque dall’emblema dello scempio che fin qui è stato compiuto: quelle lavoratrici e quei lavoratori che non possono rimanere relegati alla cronaca e alle statistiche della crisi. Ripartire qui in Basilicata da quelle persone cui è stata interrotta la quotidianità. Una coalizione di soggetti – politici e sociali – di Basilicata ha presentato, tra le altre, una proposta di legge regionale per la istituzione del reddito minimo garantito, individuando proprio nella platea delle lavoratrici e dei lavoratori cosiddetti ‘in deroga’ il terreno di sperimentazione. Questa è solo una proposta che non vuole prevaricare… che al contrario vuole interloquire. Non abbiamo la pretesa dell’esaustività, e se non convincono le nostre proposte, le classi dirigenti lucane ne approntino altre. Senza perdere altro tempo, dando un segnale a chi è stata tolta anche la dignità.

*Senatore Sinistra Ecologia Libertà

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