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E’ forse la giornata più contestata in assoluto, quella dell’8 marzo. E’ contestata dagli uomini -«ormai siamo noi a dover chiedere la parità», ti dicono – e da molte donne. Perchè avere una festa dedicata le fa sentire dei panda, una specie in via d’estinzione, da difendere. Poi ci sono le donne che continuano strenuamente a difendere questa occasione e tanti uomini che non lesinano sull’organizzazione di convegni a tema.
Non so più chi abbia ragione, dopo anni di strenua difesa. Quello che so è che il lavoro – quello che in parte ci ha emancipato, quello che spesso ancora ci manca – sta mettendo entrambi i generi sullo stesso piano. Mai come ora. Vedo tante donne lavorare, mentre i mariti sono a casa disoccupati. Vedo mutare tante condizioni familiari, come mai era successo. Perchè tanti mariti ora ti dicono “meno male che almeno lavora lei”. E anche quelli che un tempo definivo maschilisti, li vedo ora timidamente pronti ad aiutare in casa, a cucinare. E vedo tante donne, soprattutto le mamme, piangere perchè a casa non ci possono mai stare e i loro figli li stanno crescendo gli altri. Cosa significa ancora questa festa davvero non saprei dirlo. Credo che possa essere solo l’occasione, ora più che mai, per dire che le differenze sono sfumature. E che, nonostante le differenze, siamo davvero uguali.
a.giacummo@luedi.it
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