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GLI ULTIMI dati sul Made in Italy fanno ben sperare per il futuro. A guardare i numeri con attenzione, si nota una interessante crescita nel settore che può avviare una reale nuova stagione positiva dell’economia italiana. L’Istat, con il suo ultimo report, fotografa un +2% dell’export dei prodotti made in Italy, per il 2014, rispetto ad un 2013 piatto.
Anche il piano varato dal Mise, 130 milioni di euro, sembra andare nella direzione giusta per incoraggiare il settore, soprattutto nell’export.
Non servono questi numeri, sicuramente incoraggianti, a capire che la trama del tessuto imprenditoriale italiano è legata alla tradizione e al manifatturiero. Anche al Sud, dove la crisi si è fatta sentire con maggiore forza, lasciando sul campo molte macerie e un’altissima disoccupazione.
Un primo segnale di ripartenza, non di poco conto, viene proprio dal Sud. Dalla Basilicata.
Melfi, terzo centro urbano della regione capitale europea della cultura per il 2019, con il nuovo piano di investimenti previsto da Fca rappresenta oggi il simbolo della rinascita del Mezzogiorno e dell’intero paese. Più lavoro, più occupazione, più innovazione, più crescita. Una somma di fattori positivi, che non si vedeva dal 1994, anno in cui iniziò la produzione nello stabilimento della città federiciana.
Uno straordinario incrocio della storia, visto che proprio tra la fine del 1993 e l’inizio del 1994, i sassi di Matera furono dichiarati dall’Unesco “patrimonio dell’umanità da tramandare alle generazioni future”, e la città, nel 1994, ottenne il Premio dell’Unione europea per la migliore programmazione urbana territoriale, ed oggi, a distanza di 20 anni, sarà Capitale europea della cultura per il 2019.
Cultura e impresa, un binomio che non vive più in opposizione, ma che riesce a convivere maturando successi e generando sviluppo. Si pensi a cosa è oggi il cinema proprio nella regione resa nota da un film di Rocco Papaleo. In questi giorni i remake di uno dei più grandi colossal della cinematografia mondiale, Ben Hur, sta ultimando le sue riprese proprio in Basilicata, un altro film, Noi e la Giulia, sta riempendo le sale facendo bella mostra degli scenari lucani, e un gruppo di giovani professionisti potentini, altamente specializzati, sta lavorando per realizzare un progetto di produzione e post produzione cinematografica molto avanzato.
In Basilicata. Al Sud. Un Sud diverso, positivo, reale, che vuole raccontarsi al mondo per le sue virtù e che vuole superare la narrazione, solamente negativa, che da sempre l’accompagna. Un Sud che è fatto di storie di uomini e donne, di capacità e di nuove opportunità. Un territorio vasto, che contiene dentro di sé gli elementi necessari per rimettere in moto la macchina Italia. I recenti dati diffusi da Prometea parlano di una crescita dell’occupazione meridionale, prevista a partire da 2016, dopo nove anni continui di perdite di posti di lavoro. Sappiamo che c’è molta innovazione in queste terre e nelle storie che le abitano.
Parola seria ed abusata, ‘Innovazione’, che spesso perde di significato e si confonde con i tweet ed i post di qualche social network addicted. Meglio incontrarla lì dove nascono i prodotti, dove le idee diventano tangibili, dove il Made in italy è sinonimo di impresa, bellezza, ricerca e professionalità.
Ci sono posti, come la startup “1955”, in cui l’innovazione ha un profumo ed un rumore preciso, come quello dei pantografi manuali guidati dalle mani sapienti del mastro occhialaio Antonio, che trasformano un’anonima barretta di acetato in forme sottili, squadrate, stondate di un occhiale. Oppure il rumore dell’animatrice, che serve per inserire nelle aste di plastica l’anima di metallo. L’innovazione lì ha la forma delle ruote manuali, dove le montature vengono lucidate, strofinandole su queste ruote fatte di panni di cotone, rendondole brillanti e pronta per la spedizione.
Ma innovare vuol dire anche avere un approccio responsabile nei confronti del futuro, per questo il grande merito di “1955” è di riutilizzare le lastre di lavorazione, provenienti dal loro master brand “Occhialeria Artigiana” e diversamente destinate allo smaltimento, per la produzione di una line tutta italiana di occhiali unica ed esclusiva nel suo genere.
Raccontare queste storie può servire a stimolare entusiasmo e ad incoraggiare idee e nuove imprese.
Perché l’Italia ha bisogno di molto coraggio, di politiche giuste e che non lascino più nessuno ai margini, e di lenti nuove con cui guardare il mondo che non concede più molte possibilità. La speranza è che il presente possa dare quelle risposte fondamentali, alle tante domande di futuro di intere generazioni messe all’angolo, e con le ossa rotte.
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