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POTENZA – Diminuiscono le iscrizioni per associazione mafiosa, ma aumentano «in maniera esponenziale» quelle per i reati «e in particolare le estorsioni aggravate dal metodo mafioso.
Per i magistrati della Direzione nazionale antimafia è questo un dato obiettivo che testimonia il riorganizzarsi delle storiche associazioni mafiose del territorio lucano, «che – sia pur attraverso le nuove linee, nuove alleanze tra clan, forme di “partnership” con mafie delle confinanti regioni – possono ormai considerarsi “endemiche».
Gli inquirenti parlano di «ricambio generazionale, assolutamente coerente con la struttura “clanica-familiare” dei sodalizi».
Nel potentino resterebbe attivo il clan Martorano-Stefanutti, nonostante la detenzione di entrambi i boss: «con diramazioni operative nel centro Italia». Come pure «la cellula con a capo Riccardo Martucci» infiltrata nei comprensori di Rapolla, Rionero in Vulture e Venosa.
Nel Vulture-Melfese, quindi ancora Rionero, Rapolla e Melfi sarebbero tuttora «presenti alcuni esponenti del clan Cassotta, storicamente contrapposto al clan Di Muro ex Delli Gatti».
La Dna valorizza la collaborazione di un ex come Saverio Loconsolo che a partire da luglio del 2013 avrebbe offerto: «conferme riguardo gli assetti criminali della zona del “Vulture – Melfese”; alle circostanze e moventi di omicidi di mafia perpetrati nella zona; alle attività criminali che hanno fatto da sfondo alla decennale faida tra il clan “Cassotta” e “Delli Gatti – Di Muro”». Oltre a svelare «l’esistenza di forme di alleanza e collaborazione tra il clan “Cassotta” e altri clan per la gestione di attività criminali». Inclusi i «frequenti rapporti tra clan lucani e organizzazioni ‘ndranghetistiche, in particolare della zona di Siderno e Gioiosa Jonica». Com’è emerso di recente anche dalle indagini su alcune estorsioni avvenute nella zona di Lagonegro.
A Pignola «rimane attivo il gruppo criminale Riviezzi». Prosegue il capitolo dedicato alla Basilicata della relazione, che elogia «la sensibilità e la tempestività sempre dimostrata dalla Dda di Potenza nei confronti di tutti i segnali della volontà dei vecchi clan di riespandersi e riconquistare il pieno dominio del territorio è riuscita, allo stato, a contenere detto ambizioso progetto».
Situazione diversa nel materano dove per gli inquirenti della Dna «gli storici sodalizi (Scorcia, Mitidieri, Lopatriello, Zito – D’Elia) hanno sicuramente perso forza e operatività rispetto al passato, cosicchè la situazione di sicurezza e ordine pubblico del territorio possono considerarsi soddisfacenti». Ma non sfuggono i traffici che attraversano cittadine come Scanzano. A testimoniarlo è stata l’inchiesta della procura di Lecce che a luglio ha portato a numerosi arresti per droga proprio tra Taranto e la Basilicata. Citata nel capitolo della relazione dedicato alla Puglia.
Scanzano era diventata luogo di transito di armi e cocaina proveniente dal porto di Gioia Tauro destinata alle piazze della città dei due mari. Uno schema che ricorda da vicino quanto emerso di recente dalle indagini della procura di Catanzaro sugli affari del clan degli zingari di Cassano allo Jonio proprio tra Gioia Tauro, Scanzano-Policoro e Taranto.
l.amato@luedi.it
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