4 minuti per la lettura
POTENZA – Al Viviani c’era la mafia, non una semplice associazione a delinquere, che combinava partite e faceva soldi con le scommesse. Ma un vero e proprio clan guidato dal boss Antonio Cossidente, legato ad alcune delle ‘ndrine più potenti di là del Pollino.
E’ quanto ha deciso ieri sera la Corte d’appello di Potenza accogliendo il ricorso presentato dalla Direzione distrettuale antimafia contro la sentenza del gup Rosa Larocca, che a dicembre del 2012 aveva derubricato le accuse per Cossidente, Michele e Alessandro Scavone, che avevano optato per il rito abbreviato, rinviando a giudizio per associazione a delinquere “semplice” l’ex patron del Potenza sport club Giuseppe Postiglione, e altre 9 persone imputate per reati vari.
La Corte presieduta da Vincenzo Autera (relatore Bruno Verdoliva, consigliere Rosa D’Amelio) ha mantenuto inalterata la pena inflitta all’ex boss, che da 2010 ha iniziato a collaborare con la giustizia. Pena aumentata da 2 anni e 8 mesi a 4 anni, invece, per Michele Scavone, considerato il suo “luogotenente”. Mentre ha giudicato inammissibile il ricorso del pm Francesco Basentini nei confronti di Alessandro Scavone, assistito dall’avvocato Donatello Cimadomo: quindi pena confermata di 2 anni e 4 mesi.
Capitolo a parte le accuse nei confronti dell’ispettore Giuseppe Botta, all’epoca dei fatti in servizio alla Digos di Potenza, per cui i giudici hanno emesso una sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste».
Botta era accusato di aver rivelato a Postiglione, i contenuti di una nota informativa che la Digos stava preparando dopo gli scontri della partita Potenza-Gallipoli del 4 aprile del 2008 (risultato finale: 3-2), mettendosi a disposizione per modificarli «secondo le esigenze e i suggerimenti di Postiglione». Ma in aula il suo legale Maria Scavone ha evidenziato una serie di incongruenze nella ricostruzione dell’accaduto, spiegando che il suo assistito aveva obbedito agli ordini dei suoi superiori, parlando col patron della squadra di calcio che era stato tra i primi a denunciare l’accaduto, proprio alla Digos. E non poteva immaginare che dietro quegli scontri potesse esserci proprio Postiglione, come ipotizzato più avanti dai carabinieri.
«Finalmente è stato restituito l’onore, il rispetto nonché la dignità – ha commentato l’avvocato Scavone all’uscita dall’aula – a un uomo di specchiata onestà, e poliziotto assolutamente ligio al dovere, serio e inflessibile».
La sentenza di ieri è destinata a riaprire anche il processo in cui risultano imputati lo stesso Postiglione, Aldo Fanizzi, Pasquale Giuzio, Luca Evangelisti, Raffaele De Vita, Ettore Todaro, Donato Lapolla, Antonio Di Pasquale, Paolo Spada Giorgio Nobile e l’ex consigliere regionale Luigi Scaglione.
Il pm infatti potrebbe riformulare l’accusa in qualsiasi momento, resuscitando l’associazione mafiosa sulla scorta di quanto deciso in Appello, nonostante il parere del gup. E di conseguenza quella di concorso esterno per l’ex consigliere Scaglione, intercettato mentre intavolava una discussione con Postiglione, Cossidente nello studio del ragionier Fanizzi, sul progetto di un nuovo stadio, i fondi europei a cui attingere per la costruzione, e i soggetti che l’avrebbero dovuto gestire.
L’inchiesta sulla calcio-connection tra sport e malavita al Viviani era rimbalzata sulle cronache di tutta Italia a novembre del 2009 con gli arresti di nove persone tra Ascoli, Napoli, e Potenza. Ma i primi accertamenti dei militari del Reparto operativo di Potenza agli ordini del capitano Antonio Milone risalgono al 2007 e a alcuni giri di cocaina negli ambiente “bene” del capoluogo, tra professionisti e facoltosi commercianti. Poi si è passati agli uomini che gestivano il servizio di sicurezza nello stadio, ed erano riusciti ad affiancare il patron Postiglione nella gestione del club.
L’informativa conclusiva è datata 27 gennaio del 2009, e tratta anche le attività commerciali del gruppo, che avrebbe messo in piedi un sistema di prestanome per riciclare i proventi di una serie attività illegali, tra cui le slot machine. Poi c’è il discorso sulle partite truccate e le scommesse facili del presidente del Potenza calcio, che in almeno un’occasione, il match Potenza-Salernitana del 20 aprile del 2008, avrebbe dato via per soldi i tre punti della vittoria in casa: 150mila euro in contanti, due ore dopo il fischio finale, da un ex della squadra che per colpa di quei tre punti avrebbe perso la promozione diretta in serie B.
l.amato@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA