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POTENZA – Un delitto di «straordinaria gravità“ compiuto da una persona pienamente capace «di intendere e volere», come provano anche «la lucida strategia difensiva posta in essere» e «l’autocontrollo mostrato in giudizio“: è quanto scrive la Corte di Cassazione riguardo all’omicidio della studentessa Elisa Claps, scomparsa a Potenza il 12 settembre 1993 e trovata uccisa 17 anni dopo, il 17 marzo 2010, nel sottotetto di una chiesa del capoluogo. I giudizi sono espressi nelle motivazioni della sentenza definitiva di condanna di Danilo Restivo a 30 anni di reclusione, quale responsabile dell’omicidio.
I supremi giudici hanno respinto tutte le censure della difesa alla sentenza di secondo grado, con una sola eccezione: è stata, infatti, esclusa l’aggravante della crudeltà, senza, peraltro, riduzione della pena per Restivo (detenuto in Inghilterra per una condanna a 40 anni di reclusione per un altro delitto), dal momento che altre aggravanti hanno determinato comunque l’ergastolo per l’imputato, pena rideterminata fin dal primo grado in 30 anni di reclusione per effetto della definizione del processo con rito abbreviato.
Bocciate dai supremi giudici le critiche difensive alla mancata ripetizione dell’esame del Dna che ha consentito di rilevare la presenza di tracce biologiche di Restivo sulla maglia indossata da Elisa Claps al momento del ritrovamento del cadavere, «in considerazione dell’impossibilità di ulteriori analisi su una traccia biologica ‘esaurità». Senza fondamento, secondo i giudici della Cassazione, anche i rilievi sul mancato svolgimento dell’esame dell’imputato durante il processo d’appello, dal momento che Restivo, «nelle precedenti occasioni in cui era stato sentito nella fase delle indagini, aveva sistematicamente reiterato sempre la stessa versione dei fatti».
Anche sull’attendibilità o meno delle dichiarazioni dei testimoni, in particolare sui movimenti di Elisa Claps il giorno della scomparsa, la Cassazione ha respinto le censure alla sentenza di secondo grado. La difesa, scrivono i giudici, ribaltando in senso favorevole all’imputato le valutazioni di attendibilità e inattendibilità fatte dai giudici, è arrivata a ipotizzare «l’affacciarsi sullo scenario di un misterioso aggressore che avrebbe avvicinato la Claps dopo il suo incontro con Restivo e l’avrebbe uccisa». Ma tale ipotesi è stata fatta “in modo assolutamente congetturale» e «disancorato dalle emergenze processuali».
Esclusa dai giudici di secondo grado ogni responsabilità di altre persone, a cominciare da quella di un giovane albanese entrato nella prima fase dell’inchiesta, ed individuato il movente del delitto nel rifiuto ad un approccio di natura sessuale, l’insieme dei numerosi elementi indiziari ha correttamente condotto – secondo la Cassazione – all’affermazione della responsabilità di Restivo. La Corte di secondo grado – scrivono i supremi giudici – «ha correttamente apprezzato, in una visione unitaria e globale, il materiale indiziario emerso dal processo», pervenendo «alla conclusiva, ineccepibile decisione di attribuire il reato di omicidio volontario (aggravato) all’imputato Restivo ‘al di là di ogni ragionevole dubbiò e, cioè, con un alto grado di credibilità razionale».
*Ansa
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