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POTENZA – «Massimo riserbo». E’ la linea scelta dai pm coordinati dal procuratore Luigi Gay sui risultati della perizia depositata mercoledì mattina sui reflui di scarto del Centro oli Eni di Viggiano.
Nei giorni scorsi i legali della compagnia del cane a sei zampe e di Tecnoparco, l’impianto che per anni ha smaltito le acque di scarto dei cicli di produzione del greggio in Val d’Agri, hanno avanzato formalmente la richiesta di accedere ai risultati delle analisi effettuate alla presenza dei loro consulenti. Ma dagli uffici al quarto piano del Palazzo di giustizia del capoluogo non è arrivata nessuna risposta, né sembra esserci la volontà di scoprire subito le carte. Anzi.
Il pool composto dai pm Laura Triassi, Francesco Basentini e dall’inviato della Direzione nazionale antimafia Elisabetta Boccassini intende valutare con molta attenzione le risposte ai quesiti sottoposti a Mauro Sanna, chimico, ex Arpa Lazio, ed esperto in materia di rifiuti ed inquinamento idrico.
In primis quello sulla corretta qualificazione dei reflui di scarto del Centro oli, che sono il prodotto della componente acquosa separata dal greggio destinato alla raffineria, più tutte le sostanze utilizzate per estrarlo e prepararlo all’immissione nell’oleodotto in direzione Taranto.
Dalla qualificazione del rifiuto prodotto dipende anche il tipo di trattamento da adottare per smaltirlo correttamente. E il sospetto degli investigatori del Noe dei carabinieri è che per anni non sia stato fatto nella maniera giusta, trascurando la presenza di elementi tossici ed esponendo al rischio di contaminazione non solo i lavoratori dell’impianto di smaltimento, ma anche l’ambiente dove al termine del trattamento vengono sversate le acque “ripulite”.
Tra i quesiti sottoposti al superconsulente si parla anche delle autorizzazioni concesse all’impianto della compagnia di San Donato dalla Regione Basilicata. Un doppio via libera, per essere precisi, dato che nel giro di 3 mesi la Regione ha concesso prima l’autorizzazione integrata ambientale al Centro oli, e poi l’ok al suo ampliamento con la realizzazione di una quinta linea capace di aumentare la produzione di greggio in maniera notevole, forse persino raddoppiarla. Ampliamento che alla base del recente stop alle estrazioni deciso da Eni, per ultimare i lavori in sicurezza.
Sanna è già salito alla ribalta delle cronache locali e nazionali per il lavoro sulle emissioni della Siderpotenza, che a luglio ha portato al sequestro dell’impianto, proprio a causa dei rischi comprovati per la salute dei lavoratori derivanti dalla dispersione di diossina all’interno dello stabilimento. Ma nel 2011 si occupato anche del caso dell’Ilva di Taranto al fianco della Procura di Taranto.
L’esistenza di un’inchiesta sul Centro oli di Viggiano è stata resa nota a febbraio dell’anno scorso, quando i militari del Noe hanno consegnato un avviso di garanzia nelle mani dei 10 che risultano indagati per traffico illecito rifiuti.
Si tratta dell’ex capo della divisione Sud dell’Eni, e uno dei progettisti del Centro oli. Assieme ai vertici di Tecnoparco, la società a capitale misto pubblico e privato nata per offrire servizi alle aziende dell’area industriale di Pisticci, che poi ha aperto le porte anche ai rifiuti provenienti da altre zone della Basilicata e non. Più un noto costruttore materano titolare di un’impianto per lo smaltimento di fanghi industriali a Guardia Perticara, e già coinvolto in un’altra inchiesta sulla gestione dei rifiuti urbani del bacino “Potenza centro”. Quindi l’rx commissario del Consorzio per lo sviluppo industriale di Matera, titolare della quota di maggioranza relativa di Tecnoparco, e l’ex amministratore delegato di Sorgenia, società del gruppo De Benedetti presente a sua volta nel capitale di Tecnoparco.
Oltre a quello sulla gestione dei reflui di produzione gli inquirenti diretti dal procuratore Gay hanno aperto anche altri due filoni d’indagine sulle emissioni prodotte dal Centro oli e sui loro effetti sulla salute dei lavoratori di Eni e indotto petrolifero.
Ad aprile dell’anno scorso i carabinieri del Noe hanno acquisito tutti i dati a disposizione delle centraline dell’Eni che monitorizzano in continuo quanto viene emesso in atmosfera: sia il dato “grezzo”, sia quello certificato da una società di Potenza, che in caso di superamento delle soglie autorizzate andrebbe auto-denunciato da Eni con una comunicazione in Regione.
Ma anche qui il sospetto è che non sempre questo sia avvenuto, quindi è stata disposta una perizia sui server del Centro oli e della società di certificazione per confrontare dati in entrata e in uscita.
Da ultimo gli inquirenti si sono posti il problema degli effetti che provocano le emissioni del Centro oli, quindi hanno acquisito gli elenchi dei lavoratori che gravitano attorno all’impianto. In tutto si parla di oltre 5mila nominativi di persone “esposte”.
Non è ancora una vera e propria indagine epidemiologica, ma i magistrati sembrano intenzionati ad analizzare anche il tipo di prestazioni sanitarie erogate nel tempo a chi c’è stato quotidianamente a contatto. Motivo per cui nei prossimi giorni potrebbe partire una nuova consulenza per affidare a un esperto lo studio delle eventuali relazioni tra inquinamento e malattie.

l.amato@luedi.it

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