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POTENZA – Accuse ridimensionate. Sia per il primo cittadino di Melfi, che per il capo dell’ufficio tecnico.
E’ stata depositata ieri pomeriggio la decisione del Tribunale della libertà sui ricorsi di Livio Valvano, e Bernardino D’Amelio contro le ordinanze del gip Tiziana Petrocelli, per cui il primo era sottoposto al divieto di dimora nella città federiciana, e il secondo agli arresti domiciliari.
Il Riesame ha accolto le questioni sollevate dal legale del sindaco, Gaetano Araneo, che al telefono col Quotidiano si è detto «soddisfatto» dell’esito dell’udienza di martedì. Ma ha rimandato ulteriori valutazioni a quando saranno rese note le motivazioni della sentenza.
Dalla notifica del dispositivo Valvano è a tutti gli effetti libero di tornare a Melfi, e cessano gli effetti della sospensione dall’incarico di primo cittadino disposta dal prefetto di Potenza, per effetto della legge Severino, subito dopo il suo arresto. Poi convertito in divieto di dimora nella sua città.
I giudici del Riesame hanno accolto anche il ricorso degli avvocati di D’Amelio, Nicola Buccico e Giuseppe Colucci, sostituendo gli arresti domiciliari con la sospensione dai pubblici uffici.
A questo punto spetterà all’accusa valutare se proporre ricorso in Cassazione o meno.
Molto dipenderà da quanto scriverà il collegio presieduto da Gerardina Romaniello nel merito delle accuse. A partire dagli elementi raccolti e allineati dagli agenti della Mobile di Potenza: atti, testimonianze e intercettazioni. Come quelle in cui alcuni imprenditori concordano col capo dell’ufficio tecnico del Comune varianti e piccoli affidamenti.
Mentre politici dettano elenchi di ditte “amiche” da invitare alle gare ristrette, e sollecitano un «lecca lecca» per il consigliere dissidente alla vigilia del voto sul bilancio, che per gli investigatori sarebbe una commessa da 10mila euro per la ditta del cognato.
L’inchiesta su abusi di potere e affidamenti pilotati nella cittadina federiciana è nata nel 2013 da una serie di accertamenti sugli affari dei Caprarella, imprenditori nel mirino dell’antimafia per i loro rapporti col clan Di Muro.
A causa del ruolo “centrale” rispetto a tutta la vicenda per il capo dell’ufficio tecnico del Comune il gip Petrocelli aveva disposto inizialmente la custodia cautelare in carcere. Ma nell’interrogatorio di garanzia D’Amelio ha fatto diverse concessioni all’accusa, salvo ridurre il tutto a “leggerezze” dovute alla familiarità acquisita con tanti imprenditori che ogni giorno bussavano alla sua porta. Di più è arrivato il provvedimento di sospensione dal servizio e dal carcere è passato ai domiciliari.
Molto diverso l’atteggiamento del sindaco Valvano, che prima del divieto di dimora era rimasto ai domiciliari per più di una settimana.
Di fronte ai giudici del Riesame il sindaco ha respinto con forza tutti gli addebiti arrivando a chiedere l’immediato risarcimento per l’ingiusta detenzione subita.
«Io parlo di legalità e ritengo il rispetto della legalità una cosa sacra. Dopo di che ritengo come mio impegno altrettanto sacro quello di soccorrere ai bisogni collettivi e ai bisogni dei cittadini deboli… e ritengo di non aver violato la legge».
Così ha risposto all’accusa di aver fatto assumere una persona bisognosa alla ditta dei Caprarella, proprio nei giorni in cui la giunta discuteva di ricche varianti sui loro appalti principali: quello da un milione e 800mila euro per la costruzione delle case popolari di contrada Bicocca; e quello da un milione e centomila per l’adeguamento dell’istituto scolastico Nitti.
Tra i capi d’imputazione per Valvano c’è anche quello di aver avallato l’affidamento ai Caprarella della variante sulle case popolari chiedendo in cambio la realizzazione di ascensori.
A gennaio anche i due imprenditori Emilio e Antonio Caprarella, sono finiti agli arresti domiciliari assieme al factotum delle loro ditte, Gerardo Caccavo. Poi però al Riesame non si sono presentanti optando per difendersi nel processo.
Già nei prossimi giorni, infatti, la procura sembra intenzionata a chiedere il rinvio a giudizio per i 25 iscritti sul registro degli indagati. Oltre al sindaco rischiano di finire in Tribunale tutti i membri della vecchia giunta (tranne l’ex assessore Rosa Masi), due dirigenti del Comune, imprenditori, un consigliere comunale e un ex sindaco come l’avvocato Alfonso Salvatore.
l.amato@luedi.it
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