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POTENZA – «Non ho diffamato nessuno. Se in Italia diffamare significa dire la verità, allora nessun paziente potrà mai dire come si sente. Io mi sento offesa e usata. Come paziente e come persona». Sharon Holdrik ha 48 anni, una grave malattia autoimmune, la Churg Strauss, e una fibrosi polmonare, tant’è che non sa quanto ancora le resterà da vivere. Quarantasei interventi alle spalle, di cui sei solo negli ultimi due anni, insieme al marito dovrà comparire oggi davanti al Tribunale di Potenza per la prima udienza del processo a suo carico con l’accusa di «diffamazione a mezzo della televisione» ai danni del dottore Tommaso Fabrizio, attualmente direttore del reparto di “Chirurgia plastica” al Crob di Rionero. Con la stessa accusa sono chiamati a comparire in Tribunale anche la conduttrice Mediaset Barbara D’Urso, il direttore della trasmissione da lei condotta Claudio Brachino, il direttore di Rai Tre Andrea Vianello e altre tre persone, Claudio Cecere, Giuseppe Leopizzi – chirurgo plastico intervenuto alle trasmissioni, che espresse dubbi sulla professionalità del dottor Fabrizio – e Andrea Buondonno rinviati a giudizio dal Gip Rosa Larocca. Lo stesso Fabrizio è stato assolto perché “il fatto non sussiste” nel processo a suo carico a causa della denuncia della donna dopo un intervento di chirurgia ai glutei all’ospedale “Campo di Marte di Lucca”. Scopo dell’intervento era ricostruire i tessuti di un gluteo in seguito all’impianto di una protesi all’anca, anni prima. La donna subisce ben 5 interventi da Fabrizio fino ad ottenere un risultato finale dal punto di vista estetico lontano dalle sue aspettative: il buco – e ci sono anche foto in merito – non solo non è scomparso, ma è molto più evidente. Anche le cicatrici sotto l’addome, da cui doveva essere prelevato del tessuto, sono molto più evidenti del previsto. Non è tra l’altro solo Sharon a denunciare il dottore. A suo carico ci sono altre tre accuse di altrettante donne, di cui una oggi scomparsa e le altre due in prescrizione. Sharon, dal suo camper all’ospedale San Carlo di Potenza – «il posto più sicuro – dice – in caso di emergenza» – ieri ha mostrato tutto il faldone giudiziario, comprese alcune foto alquanto toccanti dei segni postumi all’intervento e i certificati medici. Nonostante l’assoluzione in terzo grado di giudizio, Sharon aspetta ancora giustizia. «Va bene, è stato assolto – spiega – ma almeno che si prenda le sue responsabilità. Non posso passare io per bugiarda». Perché per Sharon le prove a sfavore di Fabrizio ci sono. Il suo, dunque, non sarebbe solo un caso di malasanità ma anche di malagiustizia. Primo fra tutte le tre risonanze che dichiarano l’asportazione di un pezzo dell’addome destro nonostante Fabrizio, agli atti, abbia dichiarato il contrario. La prima, presentata in ritardo al processo in primo grado, non è stata accettata tra le prove. «E questo – precisa – senza nemmeno uno straccio di risonanza da parte dei periti». Le risonanze non vengono considerate nemmeno in Appello e in Cassazione, come dimostra la documentazione. Ci sarebbero inoltre delle inesattezze mai dimostrate, come l’affermazione del chirurgo per la quale lui le avrebbe salvato la vita e che Sharon facesse uso di antidepressivi, sebbene non si evinca da nessun referto medico. E poi, le pubblicazioni su una rivista scientifica on line delle foto dell’operazione, che per Sharon sono state un vero e proprio trauma, oltre al fatto che «sono state pubblicate senza il mio consenso», dice. Per questo si era rivolta a Vianello di Mi manda Rai 3. Voleva che il sito della pubblicazione fosse oscurato, perché non era riuscito a farlo né attraverso la polizia postale né attraverso i responsabili. E Vianello, subito dopo, riuscì ad ottenere l’oscuramento. Anche il suo avvocato è stato denunciato per diffamazione, per aver dichiarato proprio da Vianello che lei, il consenso per quelle foto, non lo aveva dato. Dalla D’Urso, infine, c’era andata perché volevano raccontasse la sua storia: «Erano stati stesso loro a contattarmi», continua. Non avendo ottenuto giustizia, si è rivolta anche all’ordine dei medici, altro punto che Fabrizio le contesta. Sono 14 anni che la donna inglese e italiana d’adozione, combatte questa guerra giudiziaria che l’ha sfinita. Quello che si aspetta da questo processo è che comunque, in qualche modo, la verità salti fuori e che le venga restituito quel rispetto che sente le sia stato tolto.
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