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Piccole azioni per realizzare grandi cambiamenti: in quello che sembra un gioco di parole è racchiusa la chiave di un nuovo approccio alle città ed alle trasformazioni dei territori.
Fino a ieri la pianificazione tradizionale ha fissato regole, parametri e indici, ha operato scelte e prodotto grandi trasformazioni, perseguendo l’ambiziosa ricerca di soluzioni permanenti e definitive che il più delle volte non hanno tenuto conto della mutevolezza e dell’estrema dinamicità dell’organismo urbano. Gli scenari immaginati dai piani urbanistici si sono dimostrati spesso inattuali prima ancora di essere realizzati, soprattutto a causa dei rapidissimi cambiamenti delle condizioni di partenza e degli imprevedibili e molte volte innovativi utilizzi introdotti nel frattempo dagli abitanti. Così i nostri paesaggi urbani si sono ritrovati pieni di “relitti” incompiuti o abbandonati, di infrastrutture spesso inutili, di contenitori vuoti o sottoutilizzati, di spazi pubblici privi di significati per la comunità, di frammenti rurali intrappolati nel tessuto urbano e solo per caso risparmiati dall’edificazione.
Le imponenti trasformazioni urbanistiche sulle città e sui loro paesaggi sono state caratterizzate quasi sempre da ingenti investimenti pubblici per interventi che si protraggono per diversi anni, elevato consumo di suolo, poco coinvolgimento delle comunità locali, produzione di spazi urbani inutilizzati ai margini dei grandi interventi (i cosiddetti “scarti urbani”), devastazione del già fragile paesaggio periurbano e rurale.
In molti casi questi interventi “pesanti” non hanno apportato significativi e duraturi miglioramenti alla qualità della vita degli abitanti.
In alternativa a interventi di questo tipo, ma anche e soprattutto a margine dei deludenti risultati da essi prodotti, si sta affermando, con sempre maggiore successo ed efficacia, un tipo di urbanistica “Lighter, Quicker, Cheaper” (letteralmente: più leggera, più rapida, più economica).
Secondo questo approccio, in linea anche con la necessità di fare di meno e meglio, utilizzando in modo più efficace le poche risorse economiche disponibili, la città può essere ripensata partendo proprio dal suo interno. Si può e si deve quindi far leva su ciò che già è presente in essa, sulle sue fragilità e potenzialità, spesso nascoste, per dare spazio a quei «frammenti di città felici che continuamente prendono forma e svaniscono, nascoste nelle città infelici» di cui parla Italo Calvino.
Le strategie possibili e attuali sono quindi basate sulla riattivazione e il riuso dei luoghi fragili e marginali e degli edifici abbandonati o sottoutilizzati, rinunciando a trovare soluzioni definitive. La logica è quella di micro-interventi temporanei, di ”agopuntura urbana”, o tactical urbanism, in grado di produrre benefici duraturi sull’intero organismo urbano e di rivitalizzare pezzi di città dimenticata, favorendone la riappropriazione da parte degli abitanti.
Straordinario in tal senso è l’esempio di Estonoesunsolar, un progetto diffuso su tutto il territorio della città di Saragozza redatto dallo studio Gravalos Di Monte Arquitectos che, a partire dal 2009, ha riattivato e restituito alla città numerosi luoghi attraverso micro-interventi temporanei, low-cost e condivisi con la popolazione, favorendo al tempo stesso il reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati coinvolti nella realizzazione.
Altri esempi di successo sono costituiti da progetti temporanei di forte innovazione e creatività sociale, legati al mondo della cultura e dell’associazionismo, allo start-up di piccole imprese e artigianato, etc.
Il riuso temporaneo ha infatti il grande vantaggio di mantenere il processo aperto e garantisce un’adattabilità del progetto alle mutevoli dinamiche urbane e alle diverse esigenze e richieste che possono presentarsi nel corso del tempo. Tali pratiche dovrebbero essere incentivate ed accompagnate dalle amministrazioni comunali, così come avvenuto a Milano con il progetto Temporiuso, grazie al quale il Comune ha ceduto in comodato d’uso temporaneo alcuni edifici pubblici in disuso a soggetti privati individuati mediante bandi e inviti alla creatività.
Un altro aspetto che caratterizza i nuovi scenari della città contemporanea è quello del coinvolgimento attivo degli abitanti nelle trasformazione e nella gestione del paesaggio urbano. Sono sempre di più gli esempi di gruppi, più o meno organizzati di cittadini che si impegnano in prima persona ed in maniera volontaria nel prendersi cura di porzioni di città. Esempi in tal senso sono le iniziative di gruppi come Zappata Romana, attiva a Roma e dintorni nella promozione e diffusione di orti urbani condivisi, o le 100 Ramazze di Gubbio che si occupano di rigenerazione urbana e pulizia dei luoghi pubblici della cittadina umbra.
A Potenza negli ultimi anni si sono attivate diverse iniziative spontanee di cura e gestione, temporanea o meno, di beni comuni.
Le attività dei PAZ (Potentini Armati di Zappa) per la manutenzione e riattivazione del Parco di Montereale o l’iniziativa “Scegli un vicolo e fallo vivere” per la rivitalizzazione del centro storico cittadino sono esempi virtuosi che stanno facendo scuola.
Un’altra esperienza potentina legata al coinvolgimento della comunità ed alla riattivazione di un luogo sottoutilizzato è quella di Serpentone Reload, che ha lavorato sul riuso temporaneo di un edificio e dei suoi spazi pubblici.
Il successo di queste esperienze è la prova delle volontà di impegno e coinvolgimento delle comunità nella gestione ma anche nello scegliere la città di oggi e nel dare forma alla città di domani.
Dal punto di vista della pianificazione gli errori commessi provano che la città va pensata con chi la vive e gli interventi devono essere il frutto di processi partecipati, possibilmente dal basso, e non di decisioni imposte dall’alto. Scelte condivise hanno inevitabilmente una forza maggiore e più possibilità di successo.
Dal punto di vista del cittadino questa conquista di spazi di partecipazione richiede, in cambio, un grande sforzo di responsabilità e di senso civico, di impegno e di apertura verso ciò che è condiviso.
La strada è quella di immaginare e costruire, insieme, una città del riuso degli spazi, della condivisione e del coinvolgimento, di una comunità come luogo di tutti e frutto dell’impegno comune.
A partire da ciò che ci è più vicino, realizzando, ognuno con i propri mezzi, piccole azioni che producano grandi cambiamenti.
*architetti
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