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MATERA – “Mons è la Capitale della Cultura, ma gli abitanti vogliono andare all’Ikea”. Non va tanto per il sottile il titolo dell’articolo di Oliver Wainwright che su “The Guardian” analizza i primi giorni di Mons come capitale europea della Cultura. Il ritratto che emerge non è dei più edificanti.
Opere avveniristiche e costosissime, molte delle quali ancora in costruzione, affidate ad archistar come Santiago Calatrava e Daniel Libeskind.
Nel reportage di Wainwright viene sottolineato un paradosso più simile a un sottotitolo: Mons è la prima città ad essersi candidata, ma l’ultima ad essere pronta.
Il giornalista del celebre quotidiano inglese racconta quello che a tutti gli effetti si profila come il tramonto di un progetto come quello realizzato dall’artista belga Arne Quinze, una scultura che avrebbe dovuto rimanere in esposizione per cinque anni e che invece è stata smantellata dopo cinque settimane.
Problemi di tenuta di bastoncini coloro arancio, in un percorso di 90 metri fra il tribunale e il campanile del centro storico della città, avevano fatto temere il peggio anche se il sindaco Elio Di Rupo ha rassicurato: «E’ una misura precauzionale. Nessuno corre rischi». Intanto, come sottolinea Wainwright, l’opera è costata 400 mila euro.
Nelle intenzioni del sindaco ci sarebbe una lunga serie di grandi eventi per rivitalizzare il centro della città ma, scrive The Guardian: «La maggior parte delle quali devono ancora materializzarsi».
E’ costata quattro volte in più del budget iniziale, ovvero 155 milioni, la nuova stazione progettata da Santiago Calatrava, ora poco più di una lastra di cemento.
Le previsioni più ottimistiche parlano di una inaugurazione nel 2018 ma il reportage lascia intendere che anche questa potrebbe essere un’altra cattedrale nel deserto.
“Sdraiato come lo scafo contorto di una barca naufragata – si legge nell’articolo – sorge il nuovo centro congressi da 30 milioni di Daniel Libeskind».
Le architettura tipiche di questo architetto si notano anche nell’area in cui si trova la struttura. Wainwright gioca anche un po’ con l’ironia, descrivendo il luogo in cui svettando le fondazioni in calcestruzzo per il futuro centro congressi, in una strada vuota «Il cui nome, chemin de l’inquietude si traduce in ansia way».
Mons, insomma, sembra una città che vuol puntare su nomi altisonanti, architetti di fama internazionale attualmente impegnati a Ground zero, per dare nuova linfa alla città.
Intanto, si chiede Oliver Wainwright, perchè non scegliere una delle stelle nascenti del Belgio per il lavoro?».
Poco importa, prosegue il reportage di The Guardian, se Ground zero è considerata uno degli sviluppi più compromessi del decennio o se il lavoro di Calatrava ha ispirato un sito web chiamato Calatrava sanguina asciutto!
Il tempo, nel frattempo, è trascorso e la città già Capitale della cultura per tutto il 2015 sembra sperare in un futuro che stenta ad avverarsi.
Wainwrigth, in partenza dalla città, chiede all’addetto stampa come sarà la stazione che sta costruendo Calatrava: «Come quella di Liegi che ha aperto cinque anni fa», ma a quanto pare gli abitanti di Mons, al momento, sembrano più interessati alla futura apertura della prima filiale di Ikea.
Segno dei tempi o, al contrario, tendenza a sopravvalutare elementi spesso solo apparenti e superficiali?
La sfida per le Capitali europee della cultura passa anche e soprattutto attraverso opere pubbliche che devono soddisfare l’esigenza di fruizione collettiva e quella di economicità.
In un’epoca in cui le economie europee (e non solo quelle) segnalano disponibilità asfittiche, la razionalizzazione diventa per alcuni versi la parola d’ordine.
Il meccanismo che la regola, però, non deve far pensare ad un crollo della qualità ma, al contrario, a scelte più consapevoli cui tutti sono chiamati.
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