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IN VICO Piave non tutto è perduto. Quel dramma potrebbe trasformarsi in un esempio di ricostruzione. Ne è convinto Biagio Montesano, uno degli abitanti di una delle palazzine crollate l’11 gennaio dello scorso anno che risponde alle dichiarazioni del sindaco Salvatore Adduce e rilancia con alcune proposte su cui si potrebbe lavorare. A patto che lo si faccia tutti insieme.
“Discutere sulle ipotesi per tornare a vivere in quelle che erano le nostre case, ci porterebbe tutti attorno ad un tavolo come finora non è mai accaduto. Le frasi fatte del sindaco devono coincidere con proposte concrete, operative”.
Il sindaco parla di prevenzione? “Nessuno di noi si è mai sottratto ma, anzi, avevamo chiamato tre volte vigili del fuoco e tecnici del Comune ma è successo come se si fosse al centro di un incendio in un bosco e qualcuno dicesse di non preoccuparsi perchè tanto le fiamme non arriveranno. Poi si finisce arsi vivi”.
Fa male, poi, spiega ancora Montesano, che il sindaco non si sia reso conto che in quella strada vivevano nove famiglie e non solo quelle a cui fa riferimento parlando dell’emergenza abitativa.
“Il vedovo di Antonella Favale e quella di Nicola Oreste? In vico Piave abitavano anche altre quattro famiglie, tra cui la mia, che sono ancora costrette a vivere in sistemazioni di fortuna. Ci sono coppie che vivono in due case diverse perchè non sono ancora riusciti a trovare un’unica sistemazione”.
Adduce parla di teli per proteggere le macerie di vico Piave? “Avrebbe potuto pensarci un anno fa, bisogna proteggere i tufi che appartenevano alla struttura interna e ora sono all’esterno. Bisogna preservare ciò che è rimasto di quelle strutture”.
Anche per questo pensare di ricostruire quegli edifici rappresenta un obiettivo concreto, su cui gli ex abitanti vogliono puntare.
“Le centinaia di migliaia di euro che il Comune sostiene di aver speso sono, in realtà, solo anticipati, torneranno nelle casse dell’amministrazione comunale. Perchè, dunque, oltre a quelle somme non vengono anticipati altri fondi per la ricostruzione? I fondi, in questo caso, rientrerebbero nel momento in cui l’area verrà dissequestrata. La nostra proposta aprirebbe finalmente un confronto per chiarire una volta per tutte quali sono le nostre esigenze. Un team di professionisti che si sono offerti gratuitamente di lavorare per noi, sta per cominciare a studiare quali potrebbero essere i costi di questa operazione. Fermo restando il sequestro su vico Piave, due architetti, un geologo, due ingegneri strutturisti e un impiantista lavoreranno per immaginare concretamente questa ipotesi. “Comune , ordini professionali, università potrebbero sostenerci in questo percorso e giungere ad un risultato che potrebbe diventare un esempio, come è già accaduto quando Matera era un laboratorio che riuniva i più grandi architetti italiani”.
a.ciervo@luedi.it
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