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POTENZA – Più studenti fuoricorso hai, meno trasferimenti statali ricevi. Era l’università che l’ex ministro Gelmini aveva immaginato. E che ora il Governo Renzi sta portando avanti con la riforma ministeriale che introduce i cosiddetti costi standard.
La previsione è che i trasferimenti che giungono negli atenei italiani siano commisurati al numero degli studenti, ma solo quelli regolari. E siccome l’Università di Basilicata detiene la maglia nera per numero di studenti fuoricorso (secondo alcuni dati diffusi dal Sole di 24 Ore si tratterebbe del 53% degli iscritti) , le conseguenze sono molto chiare: per l’ateneo lucano sono arrivi nuovi tagli. Un rischio che il Quotidiano aveva prospettato qualche mese fa, ripreso, nei giorni scorsi, dal segretario della Uil, Carmine Vaccaro e che ieri è stato oggetto dell’allarme lanciato dalla rettrice, Aurelia Sole. I tagli potrebbero ammontare a quattro milioni di euro: è questa la drammatica previsione secondo le proiezioni fatte nei giorni passati. Un salasso per un piccolo ateneo come quello della Basilicata. O, con le parole, di Sole «uno tsunami», «un meccanismo a cascata per cui i tagli inflitti all’Ateneo si scaricheranno totalmente sugli studenti e sulle loro famiglie».
Il “peso” degli studenti che non hanno concluso il percorso di studio nei tempi regolari ricadrebbe così su tutta la comunità universitaria. Com’è noto, l’accademia di Basilicata, proprio a causa dei piccoli numeri, fa già i conti con la scarsità delle risorse finanziarie, tanto che la sua sopravvivenza è assicurata solo grazie al trasferimento annuale di risorse regionali (all’incirca 10 milioni di euro) provenienti dalle royalty del petrolio.
La nuova riforma – Sole lo dice con chiarezza – potrebbe avere come effetto «la distruzione delle piccole Università che rappresentano comunque presìdi di cultura, formazione e innovazione, ma anche di socialità e legalità, soprattutto al Sud».
Eppure, ci tiene a precisare la rettrice, l’ateneo ha fatto tutti gli sforzi necessari, per tagliare i costi e aumentare la qualità dell’offerta.
E – soprattutto – sostiene con forza la rettrice «non bisogna dimenticare che le Università svolgono anche un ruolo ‘sociale’, oltre a quello istituzionale, portano anche una responsabilità circa la coesione e la crescita di un territorio e delle sue comunità, rese oggi ancora più fragili a causa della crisi economica».
«L’Università – continua Sole – non può e non deve adottare politiche che facilitino i percorsi di studio, solo per ridurre il numero dei fuoricorso allo scopo di ottenere maggiori finanziamenti: dobbiamo essere rigorosi, mantenendo la nostra virtuosità e l’alta qualità della didattica».
E la rettrice si spinge anche in un’alisi del tessuto sociale locale che potrebbe spigare l’elevato numero di studenti fuoricorso: spesso, infatti, gli studenti, durante il percorso accademico, per non pesare ulteriormente sulle famiglie, allungando inevitabilmente i tempi di arrivo alla laurea.
Poi ricorda i numeri dell’Unibas, gli sforzi fatti e i risultati raggiunti, «anche grazie al supporto offerto dalla Regione Basilicata, con la legge regionale per il sostegno all’Unibas», certificati da istituti esterni all’Ateneo e da importanti testate giornalistiche nazionali: un livello di tassazione tra i più bassi d’Italia (circa 790 euro la media lucana rispetto a una media nazionale di 1.100 euro), la tenuta delle iscrizioni (dato in controtendenza con il calo demografico), i buoni risultati rilevati dall’Anvur per la ricerca, l’ottimo valore dell’indicatore di sostenibilità economico finanziaria (dato Miur), i dati della “Grande Guida Università Repubblica-Censis” (da cui emerge che l’Unibas è terza in Italia, tra i piccoli Atenei), le “medie” in linea con quelle del resto del Paese (secondo i dati Almalaurea) per i voti di laurea, per i tempi di conclusione del percorso accademico, per il grado di soddisfazione sui corsi frequentati e per la collocazione nel mondo del lavoro. Ma la nuova riforma rischia di spazzare via tutto.
m.labanca@luedi.it
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