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MATERA – A Matera è arrivato quattro anni fa, scappando dalla Nigeria, il suo paese d’origine, dopo aver difeso una donna cristiana aggredita da alcuni musulmani.
John Asemota un anno fa aveva scelto l’androne davanti alla sacrestia della chiesa di san Paolo, come giaciglio per la notte.
Dormiva coperto da un cartone quando la perpetua di don Nicola Colagrande, alle cinque del mattino non lo ha scoperto. John era lì ogni notte già da tre settimane.
E’ così, spiega oggi il parroco, che hanno fatto la reciproca conoscenza.
In quel momento John, che viene dalla Nigeria, non aveva più una casa.
L’affitto della sistemazione che aveva trovato, non poteva più permetterselo e così era stato costretto a vivere per strada.
«La mia perpetua gli porta il caffè al mattino, la cena la sera – spiega il parroco che sottolinea i numerosi segnali di solidarietà giunti in modo inaspettato da altri poveri.
Sono stati loro a regalargli le lenzuola e le coperte per dormire nella stanza messa a disposizione da don Nicola.
«L’amore vero è quello tra i poveri – commenta il sacerdote – la vera solidarietà è quella nell’assenza delle istituzioni ».
La sera di Natale, John è salito sull’altare durante la messa.
Il parroco gli ha chiesto di raccontare la sua storia e alla fine tra i fedeli è scattata una vera e propria gara di solidarietà che per la prima volta ha consentito all’uomo di tenere tra le mani finalmente un po’ di denaro da inviare ai suoi due figli di 16 e 13 anni che vivono con la madre in Nigeria.
John vive ormai da un po’ nella stanza davanti alla quale aveva dormito coprendosi con un cartone.
Don Nicola lo ospita, ma quello che manca ancora è il lavoro che lui però non ha mai rifiutato.
In Africa faceva l’idraulico, ma qui, spiega è disposto a fare qualsiasi lavoro pur di garantirsi finalmente una vita normale e farsi raggiungere finalmente dalla sua famiglia.
Il percorso è quello che, purtroppo, tocca ai profughi: un posto diverso dove dormire ogni notte, nessuna certezza.
«Ho seguito un progetto con Tolbà – spiega – e subito dopo avevo trovato un lavoro da un fabbro alla zona Paip per tre mesi.
Purtroppo non poteva pagarmi i 5 euro che mi aveva promesso e così sono andato via.
Subito dopo ho lavorato in campagna nella zona del cimitero.
Nonostante un contratto di sei mesi, dopo due mesi mi ha detto che non avrebbe potuto più pagarmi e così sono andato nella parrocchia di S. Rocco, dove sono rimasto per un anno».
John non si è mai arreso e ha continuato a cercare lavoro, ma alla fine si è dovuto accontentare dell’elemosina che riusciva a raccogliere ogni giorno.
Dalla Nigeria è arrivato in nave a Genova da dove si è spostato a Torino ma dopo un controllo è stato arrestato ed è rimasto in una casa di accoglienza dove è rimasto due mesi prima di scappare e andare a Bari.
Una donna che collaborava con Tolbà lo ha conosciuto e convinto a spostarsi a Matera.
E’ stata l’associazione ad occuparsi dell’iter burocratico.
Nella stanza in cui vive alcune ore al giorno, nella parrocchia di don Nicola, mostra orgoglioso la Bibbia da cui non si separa mai, mentre guarda il cartone che gli è servito da coperta per tanto tempo.
In fondo il destino, pensa, può sempre cambiare in meglio.
E sul cellulare mostra la foto dei suoi due figli.
a.ciervo@luedi.it
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