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HA anticipato di un giorno rispetto alla data fissata per la scadenza. Nella mattinata di ieri, la Sogin ha consegnato all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale la proposta di Carta delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi) ad ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico. Molto riserbo sulle zone individuate. Nella nota pubblicata sul sito ufficiale della società si possono leggere soltanto i criteri che hanno portato all’individuazione delle aree. Dopo la consegna, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha due mesi di tempo per verificare la corretta applicazione dei Criteri da parte di Sogin e validare la Carta. Al termine di tale lavoro, è previsto che entro un mese il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell’Ambiente comunichino il loro nulla osta affinché Sogin pubblichi la Cnapi. «La pubblicazione della Carta – è spiegato in un comunicato sul sito della Sogin – e quella contestuale del Progetto Preliminare apriranno una fase di consultazione pubblica e di condivisione, che culminerà in un Seminario Nazionale, dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti ed interessati». Ma cos’è il deposito nazionale? «E’ un’infrastruttura ambientale di superficie – spiega la Sogin – dove mettere in totale sicurezza i rifiuti radioattivi. La sua realizzazione consentirà di completare il decommissioning degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca». Il Deposito, inoltre «è una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard Aiea (Agenzia Internazionale Energia Atomica) che consentirà la sistemazione definitiva di circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività». Inoltre dei circa 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, il 60 per cento «deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari», mentre il restante 40 per cento «dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro». Secondo Sogin «il trasferimento dei rifiuti radioattivi in un’unica struttura garantirà sia la totale sicurezza per i cittadini e l’ambiente sia il rispetto delle direttive europee, allineando l’Italia ai Paesi che da tempo hanno in esercizio sul loro territorio depositi analoghi”. Oltre al deposito nazionale sarà realizzato il Parco Tecnologico: “un centro di ricerca, aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato». Insomma il “pericolo” di ritrovarsi un sito nucleare proprio in Basilicata non è scongiurato. Ci vorranno altri 90 giorni per licenziare la “carta”. Solo quella pubblicata da Sogin su mandato del Ministero, avrà i caratteri dell’ufficialità. Intanto una differenza rispetto al 2003 è da sottolineare. Quando il Governo Berlusconi scelse Scanzano, la concertazione con il territorio fu assente o quasi. I criteri scelti per l’individuazione del sito a distanza di 11 anni, sono completamente diversi. Alla prima fase di studio (quella che ha portato alla stesura della carta consegnata ieri), è prevista una verifica. E una volta pubblicata si darà il via a una consultazione con i territori in cui tutti i soggetti coinvolti sono invitati a partecipare. Almeno sulla carta è un “processo” che vede anche una partecipazione “dal basso”. Speriamo che questo iter non rimanga solo sulla carta.
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