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C’E’ un martirio del corpo e ce n’è uno sociale. Il primo conduce alla morte, il secondo ti consuma piano piano. Nella dignità soprattutto.
E così nel giorno di Santo Stefano, primo martire della Chiesa, monsignor Agostino Superbo insieme a don Salvatore Dattero, direttore dell’ufficio diocesano per i problemi sociali del lavoro e diversi sacerdoti della Val D’Agri, si sono ritrovati presso la Vibac di Viggiano insieme ai lavoratori della fabbrica in presidio permanente da alcuni giorni, le loro famiglie e i sindaci di Grumento, Marsico Nuovo, Marsicovetere, Viggiano, Sarconi, Moliterno, Spinoso, Montemurro, Gallicchio, San Martino D’Agri, Tramutola e Paterno.
Non solo un segno tangibile di solidarietà, ma un ribadire da parte di monsignor Superbo, ma anche degli amministratori presenti alla celebrazione eucaristica, che «senza lavoro non c’è dignità».
Una dignità calpestata certo dalla crisi, ma anche da scelte aziendali – come quella della Vibac appunto – che ha annunciato nei giorni scorsi la cessazione delle attività.
Nella sua omelia, l’arcivescovo di Potenza ha sottolineato che: «siamo per pregare il Signore: Ringraziarlo per la Sua venuta in mezzo a noi, chiedere il dono della fiducia nelle difficoltà». Difficoltà che i lavoratori stanno affrontando in questo periodo natalizio con all’orizzonte lo spettro della mobilità.
«Vi vogliamo esprimere la nostra vicinanza» ha ripreso il vescovo e, citando la “Gaudium et spes” ha sottolineato come«le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, – ha aggiunto – è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti».
Il Presidente della Conferenza episcopale di Basilicata ha poi descritto la figura di Stefano precisando che «la fiducia del Martire è tutta riposta in Dio». E ha aggiunto: «anche la disoccupazione è una forma di grande sofferenza. E’ la sofferenza dei deboli colpiti nella dignità, nella famiglia, nella speranza e nel futuro. Questa sofferenza ha bisogno dell’aiuto di Dio e dei Santi».
Da qui l’invito alla politica.
«Insieme possiamo chiedere con fiducia al Signore, agli uomini responsabili con la forza di chi chiede una cosa buona e santa, il lavoro dignitoso. Chiedere di riorganizzare l’economia e la politica a partire dai più poveri perché sia la persona umana al centro di ogni considerazione e decisione».
E ha concluso: «Non lasciamoci rubare la dignità e la speranza».
Dunque la chiesa potentina con il suo vescovo ancora una volta si fa portavoce dei più deboli e in particolare dei disoccupati.
Un paio di mesi fa lo stesso arcivescovo, ha voluto condividere il dolore dei lavoratori in presidio davanti la regione.
I temi della dignità e dell’occupazione sono stati ripresi nella messa della notte di Natale in cattedrale. Come nella commovente preghiera di Francesca, figlia di un disoccupato.
«Non giocattoli per noi – ha detto – ma lavoro per i nostri papà perchè senza il lavoro per loro non c’è futuro per noi». Concetti ripresi da uno dei lavoratori in presidio da messi sotto la regione. «L’indifferenza – ha detto – fa più male del dolore».
E Monsignor Superbo, in un’intervista al Tgr ha parlato senza mezzi termini di «terremoto spirituale e sociale» provocato dalla crisi e dalla mancanza di lavoro
Questo terremoto, ha aggiunto monsignor Superbo «non miete vittime dal punto di vista fisico, ma è molto rischioso perché possiamo essere tentati dallo scoraggiamento, dalla mancanza di fiducia e della gioia di vivere».
Al mondo politico e alla classe dirigente lucana, l’arcivescovo di Potenza aveva rivolto «una preghiera: ci vuole una politica del lavoro. Il lavoro – ha proseguito – non nasce dal niente, bisogna pensare, acquisire competenze, confrontarsi e poi cominciare ad attuare. Più che un invito, è una preghiera che – ha ribadito – faccio dal profondo del cuore per tante famiglie che sono in difficoltà».
Parole risuonate anche ieri a Viggiano da dove si è elevato nuovamente un grido di dolore, ma anche di speranza.
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