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LAGONEGRO – «Giocavamo insieme a Sant’Antuono da bambini, siamo dello stesso quartiere, anzi, della stessa strada: è così che ho conosciuto Pino, che è un po’ più grande di me, ma io mi aggregavo spesso al loro gruppo con i più grandi». Sono le prime parole di Nicola Timpone – lagonegrese di nascita anch’egli, presidente del Gal-Cittadella del Sapere – pronunciate a stento per il turbamento e a bassa voce, per il profondo cordoglio rispetto a un lutto – adesso duplice – che ha colpito la famiglia Mango e scioccato l’intera comunità di Lagonegro. «Poi siamo cresciuti – continua Timpone – ognuno ha preso la sua strada ma il destino ha voluto che ci rincontrassimo circa cinque anni fa per ragioni professionali: lui amava Lagonegro e i lagonegresi amavano lui, si era trasferito qui per vivere con la sua famiglia nella sua terra ed io, come tutti qui in paese del resto, conservo e porterò di lui sempre un bellissimo ricordo, con l’unico rammarico di averlo frequentato troppo poco. Proprio nelle prossime settimane, grazie ad un progetto elaborato insieme al suo manager e amico Rocco Petruzzi e alla Lucana Film Commisson, avevamo in programma di girare in Basilicata un video per l’ultimo album che Pino aveva prodotto, e lui ne era davvero molto entusiasta ma purtroppo il destino ha voluto altro. Io non so trovare le parole giuste per descrivere quello che provo, e che stiamo provando qui: Pino Mango era un artista grandissimo e molto apprezzato, che ha portato alto in giro per il mondo il nome di Lagonegro e della nostra regione, facendo arrivare l’eco delle nostre bellezze in posti dove probabilmente eravamo sconosciuti e dove, quasi sicuramente, associano a lui il nome della nostra città. E poi il 20 dicembre avrebbe dovuto partecipare, insieme alla cantante Maria Giovanna Cherchi, con cui collaborava musicalmente, ad un evento che stavamo organizzando per le feste di Natale. Pur non essendo un parente ho ricevuto messaggi di cordoglio da tutta Italia, compresa una telefonata molto commossa di Mogol in lacrime, che stamattina dovrebbe essere ai funerali. Con Pino erano molto amici e proprio quest’estate si erano rivisti una sera a cena qui a Lagonegro, dopo circa vent’anni, e dopo essersi scambiati mille abbracci si erano ripromessi di rincontrarsi il prossimo anno per iniziare un nuovo lavoro insieme e continuare a promuovere la canzone italiana». La canzone italiana d’autore che Pino Mango nella sua carriera più che trentennale aveva declinato in una maniera personalissima e singolare, qualcuno direbbe inimitabile, impreziosendola di sonorità mediterranee e note acutissime, che solo la sua voce sapeva raggiungere in falsetto, con la stessa penetrante dolcezza di un violino o di un flauto traverso. Ieri mattina il suo nome era l’incipit di un rosario laico e religioso ripetuto a menadito e all’infinito da grandi e piccini: «Pino Mango è morto, Pino Mango è morto», quasi che la comunità affranta, attraverso un rito catartico collettivo e liberatorio, cercasse di prendere coscienza di aver perso per sempre la propria voce. Una voce bellissima. Mentre dai paesi vicini e da tutta la Basilicata continuava incessante l’andirivieni verso la sua casa paterna dove è stata allestita la camera ardente, e mentre in paese cominciavano ad arrivare alla spicciolata, cantanti, artisti, ex colleghi e personaggi famosi che stamane prenderanno parte alle esequie, durante la cerimonia solenne che sarà celebrata dall’arcivescovo sua eccellenza Francesco Nolè. Le sue canzoni sono state la colonna sonora diffusa di una giornata tristissima: nei bar, dai finestrini delle auto, postate dappertutto sui social network, e anche nell’edicola della piazza principale del paese, dove acquistando i giornali in sottofondo si sentiva di «un falco che vola lassù, sembra guardi noi, fermi così, grandi come ma», perché alla gente mancavano altri modi più belli, per dedicare il proprio addio a Pino, figlio illustre e amatissimo di questo angolo di Lucania.
fab.fal.
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