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POTENZA – Dalla sede regionale sostengono che le elezioni si sono svolte in maniera regolare, e che nessuno dei testimoni sentiti dagli investigatori ha avvalorato il sospetto di brogli. Ma c’è chi è disposto a giurare il contrario, ed è cascato letteralmente dalle nuvole quando ha scoperto il suo nome tra i votanti registrati nel comitato locale di Melfi. Ha ammesso di aver interrotto il volontariato attivo, e il pagamento delle quote stabilite. Anche perché vive a Milano da tempo.
Emergono nuovi particolari sulle consultazioni per il rinnovo delle cariche sociali della Croce rossa lucana, finite al centro di un’inchiesta dei carabinieri che nei mesi scorsi hanno già acquisito le liste elettorali e l’elenco dei soci del gruppo di Forenza e del comitato di Melfi, “feudo” del presidente regionale Ferdinando Moscariello.
Di fronte ai militari dell’aliquota di polizia giudiziaria in servizio nel Tribunale di Potenza sarebbero stati diversi i testimoni, sentiti come persone informate sui fatti, che hanno evidenziato irregolarità nel voto che si è svolto a dicembre del 2012.
Volontari “fantasma” iscritti nelle liste degli elettori senza averne titolo, che hanno raccontato di essersi recati lo stesso al seggio a esprimere una preferenza per il rinnovo delle cariche sociali. Mentre altri hanno smentito di averlo fatto nonostante risultino dai registri.
Più alcuni soci “attivi”, in regola sia con le quote che con le ore di servizio effettivo, ma del tutto ignari di essere stati conteggiati tra i votanti.
L’inchiesta sulla principale associazione di volontariato lucana, da quest’anno non più ente pubblico ma associazione riconosciuta, è partita nel 2013 da una denuncia, dopo una serie di segnalazioni contenute in una fitta corrispondenza interna che qualche mese prima aveva portato allo scioglimento del comitato di Melfi da parte del commissario straordinario. Proprio alla vigilia delle consultazioni che in Basilicata hanno riportato alla guida dell’associazione Ferdinando Moscariello, melfitano che condivide l’impegno nell’associazione con moglie e figli.
Ambulanze che viaggiano senza controllo, debiti inspiegabili, zero volontari e registri scomparsi. Questi gli ingredienti dello scandalo, partito da Venosa a cui nel giro di poco tempo sono seguite le dimissioni del commissario locale, del provinciale e del regionale della Croce rossa. Poi è toccato a Melfi, dove a gestire tutto era la moglie del commissario regionale dimissionario. Ma prima che toccasse anche a Rionero ci sono state le elezioni per il rinnovo delle cariche sociali. Così l’ex commissario è tornato in sella, forte di un consenso che secondo i carabinieri sarebbe stato “dopato” da strane manovre nei seggi e nella composizione delle liste dei votanti.
Nel carteggio si parla di un debito di 16mila euro a fine 2010, e dell’impossibilità di controllare i fogli di viaggio delle ambulanze in carico al comitato. E ancora di «comprovata inattività protratta da oltre un anno» e dell’inesistenza di un registro inventario. Dati anche contrastanti tra loro, perché è difficile giustificare i costi senza che siano registrati i servizi svolti, la benzina consumata, e le cifre esigue raggiunte dai contachilometri dei mezzi.
Il risultato è che a gennaio del 2012 risultavano «zero» soci attivi tra gli ex volontari del soccorso, ovvero soci con diritto di voto. Solo che nel giro di un anno il loro numero sarebbe lievitato in maniera clamorosa fino all’exploit elettorale.
Il sospetto è che nei mesi precedenti alle consultazioni le liste elettorali siano state “gonfiate” iscrivendo come soci attivi, quindi con diritto di voto, dei semplici soci ordinari. Anche quelli che da mesi non prestavano più servizio come volontari. Ma sarebbero stati ben disposti a rispolverare la tessera per esprimersi nella maniera “giusta”.
L’inchiesta, condotta dal pm Valentina Santoro, ha ipotizzato anche il reato di peculato a carico di qualcuno tra i responsabili dell’associazione, che anche in Basilicata può contare su migliaia di volontari.
Un’accusa a cui Moscariello in persona aveva replicato garantendo per la sua amministrazione, e scaricando di fatto le responsabilità sul suo predecessore: il commissario Anna Maria Scalise. Dato che tra gli atti acquisiti a maggio c’erano le determine di spesa per 1.300 euro dell’organizzazione di un evento, la “festa del sorriso” del 2012, quando a capo della Croce rossa lucana c’era ancora lei.
D’altra parte non si era fatta attendere nemmeno la controreplica della Scalise, che ha precisato di essere stata convocata sì dai carabinieri, ma soltanto come persone informata sui fatti.
l.amato@luedi.it
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