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LAGONEGRO – La notizia della morte di Pino Mango durante il concerto di domenica sera a Policoro è arrivata in paese immediatamente, diffondendosi attraverso i social network alla velocità della luce, ben prima che i media ufficiali riuscissero a darne copertura. In un attimo tutti hanno saputo del malore avuto dal cantautore lagonegrese alla tastiera, mentre si esibiva nel refrain di uno dei suoi pezzi più famosi – “Oro” – scritto insieme al fratello e compositore Armando ed arrangiato con Mogol: chi era ancora in piedi non ha chiuso occhio ed ha trascorso la notte in bianco; chi è stato svegliato, si è destato come da un incubo, con un brivido di sudore freddo dietro la schiena. E il colpo, accompagnato da un suono tonfo e sordido come se qualcuno avesse lanciato un sasso nel lago che dà il nome all’abitato, è stato avvertito dai suoi compaesani come un pugno allo stomaco: una tragedia che ha scosso profondamente l’intera comunità e che ha lasciato tutti nello sgomento, letteralmente senza parole. La cifra del ricordo di Pino, sussurrato a bassa voce e con un delicato riserbo – «perché il troppo per lui sarebbe poco» sottolineano in tanti – è di un uomo umile, dalla bontà estrema, che non aveva mai rescisso i legami con la sua terra e con le sue profonde radici culturali, artistiche ed emotive: un personaggio alla mano, schivo, più aduso ad una stretta di mano ad un conoscente che a rilasciare un’intervista davanti alle telecamere. Tutti lo ricordano col sorriso, orgogliosi del fatto che avesse scelto di tornare a vivere a Lagonegro con la sua famiglia, preferendo alle luci del jet set internazionale le ombre in chiaroscuro delle pendici del monte Sirino – oggi imbiancato della prima neve di stagione quasi come un segno di benevolenza divina, con un manto soffice e iperuranico disteso a coprire le asperità della vita terrena. Il sindaco Domenico Mitidieri ha proclamato una giornata di lutto cittadino per mercoledì, quando si svolgeranno i funerali in maniera solenne con la celebrazione nella Chiesa Madre. Intanto nella sua casa di via Sant’Antuono – quella della sua infanzia e che ha ristrutturato una volta diventato famoso, circondata di campagna coltivata e terrazzata dove c’erano i ciliegi in fiore il cui profumo arrivava fin dentro i testi delle sue canzoni – ieri mattina intorno a mezzogiorno è arrivata la salma, scortata da una pattuglia della polizia stradale e da un auto nella quale c’erano i suo familiari e alcuni componenti dello staff: l’unica frase pronunciata dalla moglie Laura Valente, ex cantante dei Matia Bazar, mentre si trascinava a fatica fuori dalla vettura è stata: «Non ce la faccio», ripetuta più volte come una nenia funebre. Accanto a lei i due figli straziati, Angelina la più piccola e Filippo, che era con il padre in tournée per presentare un concerto elettro-acustico, insieme ai fratelli di Pino, a tutti i parenti e a tanti amici che lo conoscevano da sempre, da quando da ragazzo aveva cominciato la sua brillante carriera tra lo scetticismo di molti cantando ai matrimoni, alle cerimonie private e alla feste patronali. E proprio in un’altra occasione del genere, il prossimo 20 dicembre, avrebbe dovuto offrire una sua performance sul palco al quale, come ha dichiarato lui tante volte, era più affezionato e che gli dava emozioni più di qualunque altro posto. Proprio come da bambino. Presso l’abitazione è stata allestita la camera ardente verso la quale è cominciato un andirivieni ininterrotto di autorità, celebrità – è previsto per domani l’arrivo proprio di Mogol – e di persone comuni, accorse anche dai paesi limitrofi a porgere l’ultimo saluto al concittadino più illustre, che ha raccontato al mondo le bellezze di Lagonegro e della Basilicata “mediterranea.” Ognuno, cappello alla mano, venuto a tributare a Pino un ultimo, stringente, accorato applauso di commiato e ringraziamento. Con lui si è spenta la voce di un cantastorie che aveva raffigurato in maniera magistrale i colori e i tempi ancestrali di questo scorcio di Lucania che si affaccia nel mare di Maratea. Per la Basilicata è una perdita immensa: tante città hanno le proprie voci, Zero e Baglioni a Roma, D’Angelo a Napoli, Rossi a Bologna e Dalla a Modena: Pino Mango era il figlio illustre di questa terra, prodigo di umanità, il suono melodioso e acuto delle nostre montagne, come il timbro inconfondibile delle sue corde che rimarrà per sempre impresso nelle teste e nei cuori di tutti i suoi fan.
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