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COME una fucilata. La dichiarazione, fatta alla “Gazzetta dello Sport”, da Sergio Marchionne: “Senza la 500X per lo stabilimento di Melfi ci sarebbe stato poco da fare” squarcia il cielo del più importante comparto industriale della Basilicata.
Ma qual è il senso di queste parole taglienti che arrivano in piena salita produttiva della Renegade e con la 500X in rampa di lancio? E soprattutto: al fulmine seguirà il tuono? Marchionne, lo sappiamo, non è persona che parla a sproposito.
Con ogni probabilità intende rispondere così alle invocazioni a mantenere gli attuali livelli produttivi dello stabilimento lucano che, da più parti, si sono levate per la prevista caduta produttiva della Punto e lo spostamento di parte della produzione della Renegade.
Infatti, oggi, nello stabilimento Sata, funzionano due linee produttive: quella appena rinnovata, capace di produrre contemporaneamente anche 4 diverse autovetture (max 1.200 al giorno) della nuova piattaforma “small wide” (la Jeep Renegade e la 500x) e la seconda, di vecchia generazione (Piattaforma B), dove si assembla, ormai con i volumi in forte discesa (circa 350 al giorno), la Punto. Ma il piano Industriale di FCA prevede che il piccolo SUV Jeep (oggi realizzata solo a Melfi) sia prodotta, entro la prima metà del 2015 e per servire il mercato nordamericano, anche nel nuovo stabilimento brasiliano di Pernambuco. Mentre, secondo indiscrezioni sempre più insistenti, la Punto a fine 2015 andrà in pensione lasciando inutilizzata la linea della piattaforma B della Sata.
E allora se non si vogliono perdere posti di lavoro le strade sono due: o a Melfi si dovrà allocare la produzione di una vettura del segmento B ( Mito, Ypsilon) da assemblare sulla stessa linea della Punto oppure, anche grazie al successo in Europa della Renegade e dei primi positivi riscontri della 500X, si dovrà concentrare la produzione solo sulla nuova linea produttiva, saturandola.
Ma questo significa passare da una produzione organizzata su 15 turni di oggi ai famigerati 18/21 che, gli operai di Melfi, hanno sempre strenuamente rifiutato.
Forse è proprio questo il tuono che dobbiamo aspettarci. E cioè che Marchionne potrebbe sfidare lavoratori e sindacati a garantire quella produttività mai ottenuta fino ad adesso.
Una sfida forte, lanciata con un messaggio forte e dalle forti conseguenze.
Perché se così fosse lo stabilimento lucano tornerebbe ai fasti del 2004 quando era il più produttivo d’Europa, quando “i ragazzi di Melfi” producevano 88 auto l’anno ciascuno, quasi il doppio rispetto alle 49 di Mirafiori e vicino alle 99 della Nissan in Giappone.
Una sfida che, se accolta e vinta, garantirebbe non solo anche nuova occupazione ma sarebbe uno spot importante per la valenza industriale dell’intera regione.
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