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I più giovani hanno 13 anni, sono studenti degli istituti di Potenza e non solo, sono arrivati anche dagli altri comuni di tutta la Basilicata, con striscioni, fischietti e tanta rabbia. «Non potete negarci il diritto al futuro», è l’urlo che arriva dal palco di piazza Mario Pagano. Sono loro i veri protagonisti della manifestazione “Mo’ Basta”. Il cuore e la sostanza della mobilitazione che ha scelto Potenza, la città delle istituzioni, per dire non allo “Sblocca Italia”, ormai per tutti loro di fatto uno “Sblocca trivelle”. Si sono alternati al microfono, volti bagnati dalla pioggia, voce emozionata e idee chiare: «State distruggendo la nostra terra. Non fateci andare via, siamo orgogliosi di essere lucani, ma non vogliamo vivere in una regione con trivelle». Ne hanno per il presidente Renzi, ma anche per il governatore Pittella: «Andatevene via. Volete trasformare questa regione in un grosso pozzo, una grossa discarica».
Piove, in alcuni momenti anche a dirotto, ma loro non se ne curano. «Meglio l’acqua, che il petrolio». Slogan e campane risuonano nella piazza che raccoglie circa 2.000 persone. Qualcuno si aspettava maggiore partecipazione. E soprattutto che a scendere in piazza non fossero solo gli studenti. Tra i presenti, ci sono le associazioni (forse non tutte quelle che erano state previste), ma soprattutto la gente comune. Molte donne e anche bambini. Per Sinistra ecologia e libertà ci sono Barozzino, Placido, Pesacane, l’IdV di Maria Luisa Cantisani è presente con un proprio gazebo. Fratelli d’Italia schiera tutta la sua dirigenza a partire dal coordinatore regionale Gianni Rosa.
Pochissimi i sindaci. Precisamente solo tre, in rappresentanza dei comuni di Anzi, Brindisi di Montagna e Pietrapertosa, il paese del deputato Folino. Completamente assenti gli amministratori della Val d’Agri. E il loro è un silenzio che pesa sulla piazza che chiede di impugnare davanti alla Corte Costituzionale l’articolo 38 della nuova legge. «Anche loro sono intimoriti, perché devono rispondere ai piani più alti». A radunare la folla è il tenente di polizia provinciale, Giuseppe Di Bello. Il primo a prendere la parola: «Presidente Renzi, non siamo quattro comitatini. Siamo il popolo lucano», grida dal palco, tirandosi dietro gli applausi entusiasti dei presenti. «Vogliono distruggere la Basilicata», la platea risponde a suon di “vergogna, vergogna”.
Durissime le contestazioni al presidente della Regione e della Giunta: «Si sono svenduti la regione per i loro personali interessi». Quando il petrolio sarà finito «ci lasceranno una regione morta, senza lavoro, inquinata e malata».
E poi c’è la difesa di un Sud, «trattato sempre più come una ruota di scorta».
«Le rassicurazioni che arrivano dal palazzo dalla Regione – riprende la parola Di Bello – sono menzogne. Le analisi private commissionate da associazioni e liberi cittadini hanno già dimostrato che le estrazioni creano inquinamento e malattie».
Insiste sulle «complicità politiche con i poteri forti». Chiede dalla piazza al questore e al prefetto di fare accertamenti sui conti dei politici «che hanno dato autorizzazioni scellerate alla perforazioni in terra di Basilicata. Dove è finita la ricchezza per le estrazioni di 15 anni? Qualcuno qui si è arricchito e continua ad arricchirsi. Quando, invece, dovrebbero rappresentare il popolo e non le lobby».
L’avvocato Antonio Grazia Romano si rivolge direttamente alle istituzioni regionali: «Non è una scelta politica. Avete l’obbligo giuridico di opporvi all’articolo 38 che è incostituzionale. Perché un governo tiranno vi sta togliendo la possibilità di decidere su cosa accade in casa vostra».
Poi le testimonianze che arrivano dalle zone calde della Basilicata: dal Mercure interessato dal progetto di centrale a biomasse dell’Enel, da Lavello dove «Fenice, dopo anni dall’inchiesta, continua a inquinare ancora indisturbata», tuona Nicola Abiusi. Da Senise, il Comitato no rifiuti: «Siamo un fronte di guerra. Stiamo combattendo in prima linea contro i rifiuti nazionali e europei che hanno come sola destinazione la Basilicata». Parla un medico, Salvatore Rainò, arriva dalla Puglia: «Questa è una terra di salute che è un bene prezioso. La ricchezza non è rappresentata dai soldi, ma dalla salute». Una folta delegazione “No Triv” è arrivata da Brindisi di Montagna: «Sul nostro territorio abbiamo scoperto che ci sono quattro permessi di ricerca. L’abbiamo scoperto da soli. Nessuno ci ha mai detto niente. Ma le istituzioni dove stavano? Non dovrebbero rappresentarci?».
Anche l’esponente di Fratelli d’Italia, Donato Ramunno prende la parola: «Questa è una battaglia di moralità. La Regione non ha bisogno di false rivoluzioni. Siamo persone libere. E voi siete la meglio gioventù». Dopo di lui, il senatore Sel, Giovanni Barozzino, che rilancia: «Da oggi deve partire un vero e proprio coordinamento per portare avanti una battaglia unitaria e senza bandiera. Non dimentichiamo che siamo i più poveri, quando potremmo essere i più ricchi». C’è pure lo sfogo di un padre che solo domenica scorsa ha accompagnato suo figlio al treno che lo porterà lontano da qui. Costretto ad andare via. «Ci hanno lasciato solo distruzione e neanche un pò di lavoro».
Una signora legge Carmine Crocco: «Molti si illusero di poterci usare per le rivoluzioni. Le loro rivoluzioni. Ma la libertà non è cambiare padrone».
Tra i manifestanti ci sono alcune delegazioni che arrivano da altre regioni. Anche in rappresentanza della Terra dei fuochi: «La Lucania dovrebbe essere la regione più ricca d’Italia. Ma i politici ci costringono ad andare via per fare i loro affari. Li tratteremo come rifiuti tossici».
Dalla città dei Sassi, arriva anche la voce dal Comitato per Matera capitale della Cultura 2019: «C’è una grossa contraddizione tra la vittoria di Matera e il piano di trivellazione che interessa anche il nostro territorio». A fine giornata la pioggia battente obbliga molti a lasciare la piazza. «Ma questo è solo l’inizio», assicura Di Bello che promette presidio permanente per cinque giorni.
A chilometri di distanza, l’Ateneo lucano ospita anche i presidenti Pittella e Lacorazza per l’assemblea di Legacoop. Della manifestazione arriva solo l’eco. Dalla piazza Di Bello annuncia: «Martedì andremo in Consiglio regionale per dire direttamente al presidente Pittella e agli altri cosa pensiamo di loro. E per pretendere che l’articolo 38 venga impugnato».
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