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REGGIO CALABRIA – Sotto scorta. Al collega Michele Albanese da giovedì scorso è stata assegnata una protezione perchè  considerato a rischio. A rischio per aver raccontato il volto buio della Calabria e riportato fedelmente fatti e circostanze che la cronaca quotidiana della Piana impone all’attenzione del giornalista e dell’opinione pubblica. Albanese, giorno dopo giorno, ha fatto soltanto il suo lavoro. Ma il suo dovere professionale ha disturbato la “’ndrangheta degli inchini“, quella pronta ad assoggettare chiunque intralci il suo cammino o che infastidisce con le parole, perché le parole arrivano, scavano ed educano le coscienze: il pericolo maggiore con cui fare i conti. Perché la ‘ndrangheta è un mondo chiuso, soffocante, che non ammette confronti, nè intromissioni.

A poche ore dalla decisione della scorta per il nostro collega, che ha scatenato innumerevoli reazioni sia politiche che sociali, si cerca di capire, di dare senso compiuto alle minacce, al pericolo.

Gli ultimi articoli di Albanese riguardano la processione della Madonna delle Grazie con inchino, fatto fare ad Oppido Mamertina davanti alla casa del boss. Ma pare che i fatti di Oppido non c’entrino nulla con la decisione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica di Reggio Calabria di assegnare una scorta fissa e un’automobile blindata al giornalista del Quotidiano del Sud e collaboratore dell’Ansa dalla Piana di Gioia Tauro.

La scorta a Michele Albanese, secondo fonti investigative, è legata, in realtà, ad altri fatti e, in particolare, ai possibili pericoli cui è esposto il giornalista per aver scritto su storie ed affiliati di alcune cosche di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, alzando il velo su storie di criminalità che affliggono la nostra terra.

«Il mio lavoro proseguirà con la stessa determinazione e lo stesso impegno di prima».  Albanese va avanti per la sua strada con la consapevolezza di aver fatto sempre il suo lavoro con grande onestà.

«Voglio dire grazie alle tantissime persone – ha aggiunto – che hanno voluto esprimermi la loro vicinanza per la vicenda che mi riguarda. Mi riferisco a colleghi, rappresentanti delle istituzioni ed esponenti del mondo politico e dell’associazionismo, uno per tutti don Luigi Ciotti, oltre che ai semplici cittadini che hanno voluto esprimermi la loro vicinanza».

«Colgo anche l’occasione – ha detto ancora – per ringraziare il prefetto ed il procuratore di Reggio Calabria, Claudio Sammartino e Federico Cafiero de Raho, oltre che il questore ed i comandanti provinciali dei carabinieri e della Guardia di finanza, che hanno dimostrato il volto di uno Stato attento e attivamente presente». Presente come è stato don Ciotti, la mente e il cuore di “Libera, l’associazione nata per combattere contro tutte le mafie.

«Non sei da solo. Noi ti staremo vicino, siamo con te». Parole semplici, concrete, che arrivano e si trasformano in certezze, sicurezze.

Anche la presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, ha telefonato ad Albanese per  esprimergli solidarietà e vicinanza.

«Ad Albanese, che con rigore e coraggio segue i fatti di ’ndrangheta nella sua terra – ha spiegato la Bindi – ho assicurato l’attenzione della Commissione alla sua personale vicenda e più in generale alla condizione dei cronisti minacciati o intimiditi dalle mafie. Un gruppo di lavoro, presieduto dal vicepresidente Fava ha iniziato proprio ieri ad approfondire questo versante della lotta alla criminalità organizzata». «Le mafie – conclude la presidente della commissione – prosperano grazie all’omertà e al silenzio e il giornalismo d’inchiesta ha spesso giocato un ruolo essenziale per fare luce su fatti e vicende anticipando il lavoro degli stessi inquirenti». Tra le manifestazioni di stima e di affetto pervenute a Michele Albanese, la più importante,  quella della figlia Maria Pia che su Facebook scrive: «Non sono abituata a vederlo in Tv. Per me é sempre l’omone chiuso nel suo studio con le mani macchiate di inchiostro. Impacciato al computer e con appunti e libri sparsi ovunque.

E quando ci cresci, in mezzo a tutte quelle parole, la tua strada può essere soltanto una.

E quando lo senti parlare così del suo lavoro, del perché si occupa di queste cose, del perché continua a scrivere della sua terra, capisci che la scelta che hai fatto é quella giusta. Che la via da seguire é quella dove ci sono le sue orme. Sei il mio eroe. Complimenti papà!».

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