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ROMA – Scavare “senza pietà” in tutte le zone grigie, comprese quelle ecclesiali se ce ne è motivo. Il Sir, agenzia dei Vescovi, dedica un duro editoriale alla piaga delle infiltrazioni mafiose dopo la presa di posizione dei vescovi calabresi. “I vescovi della Calabria hanno cristallizzato il loro giudizio sul ruolo svolto dalla ‘ndrangheta nelle terre che considera di sua proprietà. Un giudizio che si spinge a riconoscere un uso distorto e strumentale di riti religiosi”.
«Il riferimento -si legge nell’editoriale – è inevitabile a quanto è accaduto a Oppido Mamertina (la sosta della statua della Madonna davanti alla casa del boss locale) e a Vibo Valentia (la sospensione della processione della Madonna del Carmine). Due fatti recenti di cronaca, entrambi successivi alla scomunica comminata da Papa Francesco ai mafiosi, nel suo memorabile viaggio a Cassano allo Jonio».
«E’ ancora lunghissima la strada da percorrere – è la presa d’atto – per estirpare dal cuore dei calabresi, e dei meridionali in genere, il cancro delle mafie. È del tutto evidente che occorre scavare, senza pietà, in tutte le zone grigie. Ivi comprese quelle ecclesiali, qualora emergano o se ne abbia un sentore, per dare un verso diverso alla storia sociale del Sud. È del tutto evidente, dall’impegno assunto dai vescovi calabresi, che in loro c’è l’assoluta consapevolezza della sfida portata dalla ‘ndrangheta al cuore dei credenti e dei non credenti: dominarli e conquistarne il cuore e le menti. Ora questa consapevolezza dev’essere fatta propria da tutti i credenti del Sud. Sacerdoti e laici, nessuno escluso. E questa è l’impresa che ci aspetta. Non è una chiamata all’eroismo civile, ma alla cittadinanza buona».
Anche monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano e segretario generale della Cei, commenta la presa di posizione della Chiesa davanti al fenomeno mafioso:«La Chiesa non è la magistratura, non è la polizia, e la magistratura non è la Chiesa. Abbiamo criteri diversi con cui aggredire le realtà mafiose, nel rispetto delle competenze di ciascuno. Al prete, al vescovo, non compete dichiarare chi è mafioso e chi non lo è. Questo spetta alla magistratura». Dopo la riunione della Conferenza Episcopale Calabra che si è tenuta nel Santuario di Paola, in provincia di Cosenza, alla presenza di tutti gli arcivescovi e i vescovi calabresi, il segretario della Cei sottolinea la necessità di fare “chiarezza sulle competenze coinvolte nella gestione del fenomeno mafioso”.
«Il prete e il vescovo, come tutta la comunità cristiana, – conclude – dicono ovviamente con chiarezza chi è contro il Vangelo e contro i valori del Vangelo. La mafia va aggredita da tutte le parti ognuno mantenendo le proprie competenze, ma con un impegno chiaro, leale, di collaborazione e anche di decisione degli interventi». Il vescovo di Cassano allo Jonio ribadisce inoltre che dinanzi a «fenomeni così complessi abbiamo bisogno tutti quanti di ritrovarci, di riflettere, di verificare» e che da parte dei vescovi calabresi c’è «una presa di distanza senza equivoci, come chiesto Papa Francesco.Tutti devono sapere che non c’è nessuna possibilità di commistione tra religione e malaffare. La ’ndrangheta è affari sporchi».
«Quello della pietà e della religiosità popolare è un fenomeno molto complesso – conclude monsignor Galantino – ma un dato è certo: «Se per caso, o di fatto, qualche malavitoso si accosta al santo, semmai paga anche i fuochi artificiali o le luminarie, deve sapere che quel gesto non lo riscatta dal suo essere fuori dalla Chiesa, non lo riscatta dal suo essere assolutamente non in linea con il Vangelo».
Gli Arcivescovi e ed i Vescovi della Calabria hanno espresso solidarietà al giornalista Michele Albanese, cronista della provincia di Reggio Calabria, «da ieri sotto scorta – affermano – per un presunto pericolo di minaccia da parte della criminalità organizzata. Nella viva speranza che la Parola di Dio possa toccare il cuore di ogni persona smarrita, i Pastori di Calabria invitano tutta la comunità ecclesiale alla riflessione e alla preghiera».
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