4 minuti per la lettura
E’ UNA posizione inaspettata quella assunta da Federpetroli, la federazione internazionale del settore petrolifero, indipendente e non sindacale, sul tema caldo degli ultimi giorni: le recenti dichiarazioni di Renzi sullo sfruttamento del sottosuolo, ruolo dello Stato e resistenze dei territori. Se era abbastanza scontata la dura reazione delle associazioni ambientaliste che lo stesso premier – dalle colonne del Corriere della Sera – aveva definito “quattro comitatini” che tengono “in ostaggio” il Paese rispetto al pieno utilizzo delle fonti fossili, nessuno poteva prevedere che anche i petrolieri si scagliassero contro la linea del Primo ministro. «I veri problemi dello sviluppo energetico in Italia non sono quelli che il Presidente chiama “quattro comitatini”. Quanto il poco potere che si dà a Regioni, Provincie e Comuni». Tuona così il presidente della Federazione, Michele Marsiglia. Che si scaglia anche contro quella riforma del Titolo V della Costituzione che prevede l’esproprio delle competenze energetiche alle Regioni per riportarle allo Stato. Modifiche che Renzi spera di riuscire a far approvare entro la fine del mese e che tanto ha animato il dibattito lucano. Con la Basilicata che prova a difendere le proprie prerogative nei processi decisionali, che la proposta di modifica mette duramente a rischio.
Per il presidente di Federparchi la sfruttamento delle fonti fossili trova i principali ostacoli non tanto negli enti locali o nelle battaglie ambientaliste di chi tenta di difendersi dalle trivellazioni, ma nel mancato coinvolgimento dei territori e in una inadeguata burocrazia dello Stato. «I diversi progetti del nostro indotto, parlo di piattaforme, pozzi, oleodotti o altre semplici modifiche strutturali ad un cantiere – spiega il presidente – sono bloccati non per chissà quale problematica ambientale ma perchè le Amministrazioni locali non vengono rispettate e coinvolte e, non hanno voce in capitolo».
E nel caso in cui dovesse passare la linea del Governo che vuole accentrare le competenze, «assisteremo – aggiunge Marsiglia – al blocco di gran parte dei nostri progetti. Avremo problemi anche per un semplice impianto di carburante. E poi veramente potrà chiamarsi piano blocca Italia».
Poi la dice ancora più chiaramente: «Il vero problema che abbiamo in Italia è che non esiste una legge o un iter autorizzativo corretto ed efficiente in materia energetica. E’ di questo – aggiunge – che dovrebbe vergognarsi il premier in Europa». Certo, l’improvvisa presa posizione di Marsiglia suona abbastanza anomala. In fondo Renzi non si è inventato nulla di nuovo. Il tentativo di riportare ai livelli istituzionali romani le scelte che attengono al petrolio è ben sancito dalle linee di quella strategia energetica nazionale a cui stava già lavorando il ministro del Governo Monti, Corrado Passera. Ma per Marsiglia il più grande problema sta proprio in questo: nella mancanza di una vera strategia energetica. «Il ministero dello Sviluppo Economico – spiega il presidente della Federazione – rilascia una licenza/concessione e poi sul territorio si viene abbandonati e ci troviamo che un pozzo finito è fermo da dodici anni». I dicasteri competenti – suggerisce – dovrebbero curare l’iter sino a piena funzionalità. «Ma questo non succede e vengono incolpati i Comitati cittadini e gli ambientalisti». E insiste: «I comitati cittadini, le forme di protesta e, quanto altro esiste, vanno ascoltati in una politica di dialogo. Non possiamo dire ad un Comune di 1.000 abitanti: vengo lì, faccio un pozzo e me ne vado. In Italia esistono piccole società petrolifere (Indipendent Oil Companies) i cui nomi non si conoscono perchè non hanno rete carburanti, non sono pubblicizzate e non sono tra le major di bandiera. Ma hanno investito milioni e milioni per lo sfruttamento delle risorse nel nostro Paese e stanno subendo grosse perdite economiche ed occupazionali per una burocrazia che è inverosimile e, questo non dipende da ‘quattro comitatini’. Bisogna conferire più potere alle Amministrazioni locali e coinvolgerle».
Marsiglia conclude: «Bisogna rendersi conto delle banalità che vengono dette negli ultimi tempi: vogliamo le piattaforme per estrarre gas e petrolio e dall’altra parte si vogliono chiudere le raffinerie. Ci lamentiamo che gli impianti di carburante chiudono, non offrono servizi e la benzina è alle stelle. Solo contraddizioni, basta con le prese in giro». Infine, l’appello: «Avanti con un ridefinizione di una nuova e mirata Politica Energetica Nazionale e basta con dichiarazioni prive di senso».
m.labanca@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA