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MATERA – Chi apre quella porta bianca lo fa perchè non ha più speranze. Oltre quella porta, però, può trovarne. La Caritas Diocesana che a Matera ha sede nella struttura La Tenda in via Cappuccini è un luogo in cui non si chiede soltanto, ma si progetta la vita nonostante l’indigenza. «I tempi sono cambiati – spiegano il direttore Anna Maria Cammisa e Sabina Calicchio – ormai non ci sono più categoria tradizionalmente destinate alla povertà, la crisi ha coinvolto tutti e il paradosso è che ormai non si trova più nemmeno il lavoro nero. Nell’ultimo anno, infatti, l’aumento dei casi seguiti dal nostro centro d’ascolto è stato pari al 50%. Si rivolgono a noi anche famiglie che fino a qualche anno fa avevano vite del tutto normali». Al disagio sociale, che spesso riguarda donne che hanno avuto figli con diversi padri, si aggiunge quello economico che costringe anche a rivolgersi alla Caritas per pagare le utenze o l’affitto. E’ su questi fronti che si deve muovere l’attività dei volontari dell’ente impegnati ad evitare la disgregazione delle famiglie e a individuare strumenti di sostegno autonomo.
«Gli incontri di ascolto si svolgono nei giorni dispari della settimana. Tra le 30 persone che in media entrano nei nostri uffici, il 20% sono soggetti nuovi che si rivolgono a noi per la prima volta». L’affitto è un problema grave, sottolinea Anna Maria Cammisa: «Affrontiamo molti casi di persone sfrattate, purtroppo i costi in città sono molto alti. Capita, però, a volte che queste situazioni si sviluppino in una suddivisione della famiglia, costretta a riparare dai genitori o da parenti disponibili.
Nella sola città di Matera le persone che si rivolgono alla Caritas sono circa un migliaio. «La nostra rete funziona molto bene anche nei comuni della provincia – prosegue il direttore – il fenomeno è prevalentemente lo stesso, più evidente nei grandi centri come Bernalda, Montescaglioso e Montalbano».
La crisi economica è l’unico elemento che ha inciso sul crollo delle famiglie? «Non solo, ma la situazione è difficile. Non entra più denaro in famiglia e a noi arrivano realtà con Isee pari a zero. L’unico sostentamento è garantito dai genitori, quando ci sono. Noi puntiamo sulla speranza ma non è semplice. Per fortuna Caritas italiana ci aiuta. La Gea (società che distribuiva gli alimenti) ha chiuso e ora sta nascendo una nuova struttura. Nel frattempo le scorte stanno terminando. Caritas italiana allora ci ha donato 18mila euro a cui ne abbiamo aggiunti altri 12 mila e distribuiamo queste somme a tutti i centri d’ascolto per acquistare cibo». Un bilancio annuale di 90 mila euro consente alla Caritas diocesana di Matera di barcamenarsi ma «Credo che sarà suscettibile di aumento – aggiunge la Cammisa. I progetti, per fortuna, consentono di sostenere alcune persone evitando donazioni a pioggia. Si comincia con il “microcredito Lidia”. «Sono stati erogati dal 2009 ad oggi, 17 prestiti di somme massime di 7000 euro ciascuno. Lo scorso anno abbiamo concluso il progetto Tabità rivolto ai giovani – prosegue Anna Maria Cammisa – individuando 15 giovani senza lavoro provenienti da famiglie indigenti e li abbiamo inseriti in altrettante aziende. Per sei mesi Caritas ha sostenuto queste persone con 450 euro mensili. Sette hanno visto i loro contratti trasformati in tempo indeterminato.
L’obiettivo oggi – aggiunge – è quello di prevedere progetti personalizzati per le famiglia. Il progetto Betlemme segue 22 famiglie su cui costruiamo un’idea che consenta di farli uscire dall’indigenza». Dai lavori di pittura ai gioielli in carta, le potenzialità del singolo diventano opportunità concrete.
«Matera non fa la parte del leone, ci occupiamo di tutta la Diocesi – tiene a precisare Anna Maria Cammisa – Il progetto Betlemme ha funzionato talmente bene che la Banca Popolare del Materano lo sosterrà con 30 mila euro per i prossimi tre anni».
Ad aiutare questa struttura ci pensano anche i materani. Qualche mese fa, si è svolta l’edizione 2014 del red carpet una iniziativa benefica promossa dall’Ordine degli avvocati che ha donato quasi 13 mila euro a favore della mensa di don Giovanni Mele che ogni giorno sfama circa 50 persone nella sede attigua alla chiesa di Maria Santisisma dell’Annunziata.
a.ciervo@luedi.it
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