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POTENZA – «Vogliono deportare i pisticcesi». L’urlo si muove su facebook più veloce della luce, era inevitabile dopo le esternazioni del presidente della decima commissione del Senato durante la visita a Tecnoparco. Massimo Mucchetti è uomo del Pd, e due giorni fa durante la visita al centro che smaltisce i reflui delle estrazioni petrolifere, ha prima ammesso la presenza di cattivi odori e poi ha avanzato una possibile soluzione: spostare l’intero quartiere di 700-800 abitanti lontano da Tecnoparco. L’operazione per Mucchetti sarebbe «fattibile» se si mettono insieme Stato, Regione e imprenditoria locale, perché questa parte di Pisticci «non è come il rione Tamburi di Taranto che ha 25mila abitanti».
Mucchetti in fondo non ha fatto altro che riflettere ciò che il Pd nazionale pensa da tempo: aumento delle estrazioni così come ampiamente detto dal ministro Guidi e da Matteo Renzi. Ed è per questo che nel day after della visita della delegazione Mucchetti-Petrocelli il democrats lucani hanno preferito il silenzio.
Intanto, però, i pisticcesi non sembrano averla presa bene: sui social la maggior parte dei commenti legati alle esternazioni di Mucchetti concludono tutte ad un semplice ragionamento: «si deportano i pisticcesi mentre per i poco più di mille operai di Tecnoparco non c’è nulla da fare».
Chi non ci sta proprio è Rossana Florio, consigliere comunale di Pisticci in quota Centro Democratico che vede la dichiarazione di Mucchetti «non solo approssimativa e disarmante ma destinata ad alimentare una nuova frattura tra cittadini e politica. Accade infatti che mentre si tenta di individuare soluzioni efficaci e durature sia per eliminare i miasmi che per allontanare l’allarme degli effetti sulla salute pubblica, come dimostra la responsabile mozione presentata dal capogruppo del Cd in Consiglio Regionale, Nicola Benedetto, mozione irresponsabilmente non discussa in aula per l’assenza dei consiglieri del Pd, da altra parte politica si vuole evitare di affrontare la questione alla radice, vale a dire controllando i reflui che giungono quotidianamente a Tecnoparco a cui, evidentemente, è concessa la licenza di poter fare tutto anche rispetto alla salute pubblica. Siamo curiosi di ascoltare il parere e le reazioni degli esponenti regionali e locali del Pd, quegli stessi che, come il capogruppo in Consiglio Cifarelli, hanno chiesto prima il rinvio e poi hanno affossato la mozione Benedetto secondo la tesi che “la questione dei miasmi a Pisticci scalo è molto più complessa”. Lo spieghino innanzitutto al loro dirigente di partito Mucchetti».
L’unica soluzione che gli abitanti di Pisticci propongono è quella di fermare i camion che trasportano i reflui, camion che peraltro, come ribadito ieri dal senatore cinque stelle Petrocelli, sono diretti in più parti d’Italia (Calabria, Campania, Abruzzo e Basilicata) con un costo annuale per Eni di circa 80 milioni di euro.
A parlare di «una delle pagine peggiori della storia del nostro Parlamento. Spudorato il tentativo di supportare, con questa visita, scelte che condannerebbero definitivamente il nostro territorio ad un futuro fatto di “buchi per terra” e rifiuti petroliferi, inquinamento e definitiva colonizzazione delle nostre straordinarie valli» è Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali lucani. «Fino a pochi giorni fa pensavo che la Basilicata Saudita fosse una regione a “Sovranità limitata”. Devo ricredermi: la Regione Basilicata è una spa – insiste il radicale – nemmeno l’Amministratore Delegato dell’Eni avrebbe avuto l’ardire di rilasciare le dichiarazioni venute fuori dalla bocca del senatore Mucchetti.
Affermare che le estrazioni petrolifere siano compatibili con la tutela ambientale è un insulto all’intelligenza dei cittadini lucani. Un insulto a tutti coloro che da anni devono subire gli “effetti collaterali” di attività estrattive effettuate in zone a rischio frana e a rischio sismico, a ridosso di centri abitati, dighe e sorgenti».
E poi c’è l’analisi dell’Organizzazione Lucana Ambientalista, che parte da una considerazione piuttosto importante: «Dalla visita della X Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato della Repubblica – che in un sol colpo ha fatto smaterializzare l’inchiesta dell’Antimafia sul Centro Olio di Viggiano e sul ciclo dei rifiuti petroliferi che finiscono dritti dritti in Val Basento in un innominabile noto centro di smaltimento, oppure, così come vorrebbe una parte della Commissione, con il suo presidente Massimo Mucchetti, in un nuovo pozzo di reinezione in Val d’Agri da sostituire a Costa Molina 2 ormai esausto, in alternativa al rischioso pozzo Monte Alpi 9Or a Grumento Nova».
Il riferimento è a quanto detto due giorni fa sulla questione reiniezione: stando a quanto rilevato l’Eni non ce la farebbe a reiniettare tutti i reflui che produce e, in vista di un raddoppio se ne dovranno fare per forza altri.
«Sappiamo che il progetto di un nuovo pozzo di reinezione è già pronto, assieme ad ulteriori linee del centro olio da realizzare su nuovi terreni già acquisiti dalla compagnia del cane a sei zampe. Assieme ai cittadini e comitati non solo della Val d’Agri illustreremo questo nuovo scellerato e selvaggio disegno di desertificazione della Basilicata che affonda sempre più nelle briciole del patto di stabilità, con una terra destinata allo spopolamento e alla corruzione dei veleni che finiscono nelle discariche speciali o direttamente nei fiumi e nel mare.
Ci saremmo aspettati una presa di posizione forte, con una prerogativa assoluta da parte della commissione parlamentare: stop al raddoppio delle estrazioni della Basilicata, insostenibile sotto tutti i punti di vista, ambientale, sanitario ed economico. Uno stop mai chiesto nella seduta pubblica n.267 della XVIII Legislatura del Senato della Repubblica con rappresentanti lucani “ammutoliti”, a differenza di quelli di altre regioni come il rappresentante della Sardegna che ha rispedito al ministro Guidi lo scellerato disegno di mortificazione petrolifera dell’isola.
Ma non dal ministro allo Sviluppo economico, Federica Guidi, che ha invece affermato che “pensiamo che uno stimolo alle produzioni nazionali di idrocarburi, oltre a ridurre la bolletta energetica di 5 miliardi di euro, produrrebbe effetti positivi per lo Stato mediante il gettito fiscale e gli introiti derivanti da canone e royalty. Quali royalty?».
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