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POTENZA – E’ iniziata ieri mattina a Potenza l’udienza preliminare del processo a carico di Giuseppe Schettino, figlio del boss Gerardo, e altre 25 persone, per le accuse al centro dell’inchiesta sul clan degli scanzanesi che a febbraio di due anni fa portò all’esecuzione di 21 ordinanze di misure cautelari.
Di fronte al gup Antonello Amodeo è comparso anche il difensore di Mateusz Jacob Wilk, 24enne di origini polacche ma per anni residente a Scanzano Jonico, che dopo l’arresto ha iniziato a collaborare con la giustizia.
A febbraio Wilk è stato già condannato dallo stesso gup Amodeo a 6 anni di reclusione, col rito abbreviato, per alcune accuse collegate a quelle arrivate in aula ieri mattina. Per questo il giudice non ha potuto far altro che dichiarare la sua incompatibilità al prosieguo dell’udienza, rinviando le discussioni al 1 luglio, quando al suo posto ci sarà Marianna Zampoli.
L’inchiesta condotta dal pm Annagloria Piccininni ha confermato l’esistenza di una associazione di stampo mafioso attiva tra Scanzano e Policoro e guidata da gerardo Schettino e dal genero Domenico Porcelli, che sarebbe stata dietro una serie di episodi verificatisi dal negli ultimi 3 anni: auto incendiate, pestaggi e persino un tentato omicidio per assoggettare i rivali nello spaccio di stupefacenti e a scopo dimostrativo su chiunque avesse la sfortuna di incrociare la loro strada o quella di qualcuno dei loro amici, intimidazioni a scopo estorsivo, come l’incendio del capannone della Apofruit ad aprile dell’anno scorso, furti e anche un paio di rapine a Policoro, oltre alle minacce al giornalista Filippo Mele.
Gli investigatori hanno ricostruito anche il ruolo assunto da Giuseppe Schettino durante la detenzione del padre, sparatorie e inseguimenti tipo «far west» nelle strade della cittadina ionica e le violenze indirizzate anche a storici esponenti della criminalità dell’area. Ma da diverse intercettazioni sono emersi anche appetiti più sofisticati che attraverso le estorsioni puntavano all’imposizione di aziende amiche, in settori all’apparenza legali e molto redditizi.
Proprio ascoltando le telefonate di Schettino junior, infatti, è arrivata la conferma ai sospetti sul ruolo di un piccolo imprenditore insospettabile come Franco Carlomagno, arrestato il mese scorso con l’accusa di accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, oltre che di estorsione e trasferimento fraudolento di valori.
Sarebbe stato Carlomagno, infatti, il beneficiario di una serie di azioni dimostrative messe a segno nei confronti di suoi potenziali concorrenti che hanno trovato piccoli altarini votivi all’ingresso delle loro aziende.
l.a.
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