Antonio Romano
4 minuti per la letturaPOTENZA – Tocca a governo e Regione fare qualcosa, ora che ancora si può, per invertire la tendenza allo spopolamento che attanaglia la Basilicata intera e le aree interne in particolare. Altrimenti dovrebbero spiegare perché vogliono che questi territori vengano desertificati. È un appello accorato quello di Antonio Romano, 33enne sindaco di Oliveto Lucano, che è il comune lucano dove lo spopolamento ha picchiato più duro negli ultimi anni. Basti pensare che soltanto dal 2008 i residenti si sono ridotti di un quarto (24,74%), passando da 530 a 399.
Sindaco, sapeva del record del suo paese?
«No, ma vediamo giorno dopo giorno di quello che sta succedendo. Nelle aree interne mancano possibilità di sviluppo e comunicazione verso l’esterno. Questo crea disagio a chi vive qui, così è inevitabile che ci si guardi attorno. Ma non bisogna rassegnarsi, piuttosto creare gli strumenti per un progetto ambizioso di rilancio».
Cosa manca a chi vive a Oliveto Lucano?
«Innanzitutto le vie di comunicazioni e i servizi. Per raggiungere la Basentana serve mezz’ora, quindi viene meno l’accesso ai servizi che passano da questa strada. Un modo per risolvere questo problema potrebbe essere la continuazione della Cavonica. Nell’ambito del progetto Area interna montagna materana si sta lavorando a questo e ad altre idee. Il “paese del benessere”, per esempio, che sarebbe una struttura a servizio di anziani e cittadini, che per usufruirne potrebbero decidere di trasferirsi qui. Il punto è non arrivare troppo tardi, perché si rischia che non ci siano più le persone necessarie a questo rilancio. O c’è un’azione forte e immediata da parte di governo centrale e regione, magari defiscalizzando chi vuole avviare piccole attività, o ci devono spiegare perché vogliono la desertificazione di questo territorio. Già adesso la situazione sta mostrando i primi segnali di irreversibilità. Sempre all’interno del progetto Area interna abbiamo acquistato anche palchi, un impianto voci, un gruppo elettrogeno, ma a parte ad agosto, quando fortunatamente il paese triplica ancora i suoi abitanti, non c’è nessuno che li utilizzi. Avevamo un asilo che abbiamo chiuso perché i genitori dei 4 bimbi rimasti hanno deciso di portarli in strutture nei paesi vicini. Per quest’anno abbiamo ancora la scuola con una pluriclasse, ma l’anno prossimo chissà».
Ma lei che ha 33 anni perché non è andato via?
«Io sono tornato, e ho rifiutato offerte di lavoro per tornare al Sud. Per me è stata una scelta di attaccamento al territorio, perché non penso che la Basilicata debba perdere sue energie, che prima erano braccia e adesso sono menti. O meglio non voglio che accada e siamo scesi in campo “con i panni, le facce e le scarpe che avevamo”, come diceva Rocco Scotellaro. E poi qui si vive bene. Io a volte alle 14 invece di mangiare vado a passeggiare nei boschi e non c’è cosa più bella. Milano, Torino o Roma non ti possono ripagare questo. Non ho rimpianti e per la mia professionalità potrei andare via anche domattina».
Quindi in concreto cosa dovrebbe fare il governo?
«Qui c’è il problema del medico che c’è solo a giorni alterni, perché con 300 mutuati non ce la fa a venire sempre. Idem per le maestre. Si permetta la creazione di scuole rurali anche con 5 bambini. Si incentivino medici, maestre, bidelli a venire qui. L’ufficio postale inizi a offrire anche servizi di riscossione fiscale, per non costringere le persone ad andare a Matera per le pratiche con Equitalia. Si immagini se da domani si stabilisce che chi apre un’attività a Oliveto lucano è esente dall’Iva per 10 anni. Altro che Zona economica speciale. Si sappia, però, che se non si fa nulla qui tra poco chiuderà anche l’ultimo alimentari e i 2 bar rimasti, che pagano l’Iva come a Milano dove si fanno 3mila caffè al giorno. In autunno ha chiuso il tabacchino e da anni non arrivano i giornali. Insomma idee ce ne sono, ed è chiaro che non sono alla portata del bilancio di un comune di 300 abitanti. Se invece governo e regione vogliono altro, ne prendiamo atto. Ma ci arrabbieremo perché questi sono i territori dove siamo nati».
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