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La prima domanda arriva insieme al caffè del mattino: «Che fai domani pomeriggio?». E’ anche così che i materani tentano di informarsi sull’aria che tira, sulle probabilità che Matera ha di diventare Capitale europea della Cultura. Il giorno dell’attesa comincia sottovoce, in città. In piazza il viavai tra l’edicola e i quattro bar del centro sembra il solito, la sosta davanti alle locandine dei principali quotidiani segna i medesimi tempi. Ma qualcosa di diverso c’è. Accade quando un camion si ferma al centro della piazza e molti sguardi si voltano. E’ fermo in direzione della piccola strada che conduce a piazza S. Giovanni dove oggi la città si troverà per attendere la decisione che segnerà i prossimi anni, che ci farà guardare al futuro.
Il mezzo resta lì qualche minuto, poi va via. Non così per la curiosità degli “abitanti” della piazza, l’Agorà di Matera che ancora oggi con lo sguardo Open future, mantiene il suo animo popolare, il respiro pasoliniano dei volti sconosciuti ma ricchi di intensità come quelli che ogni giorno si fermano sulle panchine (poche) di fronte alla fontana. Anziani con cognomi-soprannomi raccontati qualche anno fa in un pamphlet dall’ex sindaco Emilio Nicola Buccico.
La foschia delle prime ore del mattino lascia spazio al sole e alle chiacchiere in via Ascanio Persio, nei pressi del mercato rionale. Passano professori, avvocati, architetti (Matera ne è, di fatto, il simbolo visto l’abnorme numero di componenti della categoria che svolgono la loro professione fra i Sassi) e la domanda diventa sempre più chiara: «Ce la faremo?».
L’attesa è sempre più breve e per questo anche più difficile ma i materani nella loro storia, hanno aspettato ben altro, a cominciare da una vita migliore lasciando i Sassi che oggi sono diventati, ironia della sorte e della storia, il patrimonio più prezioso della città.
E dall’attesa è sempre giunto un segnale storico.
Mancano poche ore, ormai.
a.ciervo@luedi.it
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