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MATERA 2019 è ormai prossima al momento della verità e Vincenzo Viti amministratore di lungo corso non esita a fare alcune considerazioni su un approdo importante ed ambizioso.
«Un traguardo immaginato e ambito che ognuno di noi desidera venga raggiunto anche perché, se davvero si realizzasse, costituirebbe un punto di rottura e di svolta e rappresenterebbe un ambizioso salto nel futuro.
La condizione della città, la crisi che morde la sua economia e che ha dissolto i motori della sua tradizione produttiva, la povertà dei suoi aggregatori culturali ( cinema, teatri, biblioteche, librerie ) che andrebbero sostenuti e moltiplicati riceverebbero la spinta per guardare con maggiore fiducia al futuro».
Perchè dovrebbe essere scelta Matera?
«Matera meriterebbe il riconoscimento per una ragione, direi, ontologica, al di là del lavoro finora compiuto per convalidarne l’aspirazione.
E’ una città che si offre come natura e come storia : cifra della sua unica, irripetibile identità. Si trattava di costruire su questo valore originario la rete delle possibili, infinite combinazioni in grado di collegare memoria, qualità e futuro : un problema di “valore aggiunto”, direbbero gli economisti classici. Nel cosidetto valore aggiunto andrebbero considerate qualità e cultura delle classi dirigenti del dopoguerra di tutte le latitudini, il ruolo dell’associazionismo culturale nella scoperta del patrimonio storico-artistico e architettonico, infine il profilo di una società riservata e sobria, qua e là rischiarata da rapsodiche emozioni collettive».
Come è il progetto, il dossier che costituisce la base di questa candidatura?
«Ho letto il Dossier e ne ho parlato con rispetto, non tacendo tuttavia qualche osservazione : sul “levismo” che irrora di atmosfere surreali il tempo interiore della città fino al disvelamento delle sue oscure (?) pulsioni freudiane ( la “vergogna” dei Sassi come topos da esorcizzare ); sulla obiettiva distanza che si stabilisce fra il lirismo metafisico ( buio, lentezza, solitudine, lontananza ) e il quadro, tuttaltro che astratto, evocato dalla cittadella dello spazio e dai futuribili nei quali la città viene proiettata come promessa di affrancamento dalla mediocrità del tempo presente».
Ciò che serve è «uno sguardo all’economia reale e ai suoi problemi, la coniugazione della insistita musealizzazione della memoria e della cultura materiale con un’idea dinamica e imprenditiva delle risorse diffuse, l’apertura più esplicita all’orizzonte mediterraneo come dimensione nella quale situare la strategia globalista di un territorio così straordinario, che va oltre i Sassi e chiama tutte le risorse territoriali della regione a completare l’offerta e integrarla, sono solo alcune delle osservazioni che avrebbero meritato qualche approfondimento. Naturalmente a fin di bene».
Ma cosa accadrà? Quale sarà il responso di venerdì?
«Ora occorrerà incrociare le dita e attendere che Matera entri con Firenze, Bologna e Genova, nel club delle città laureate : prima città del sud, metafora delle metafore, scommessa che sale da quel “paradiso abitato da diavoli” che’è il Mezzogiorno d’Italia. Costituirebbe un premio per tutti, senza privative e primogeniture».
E poi dopo è lì il vero punto interrogativo?
«Si aprirà una nuova pagina, totalmente eccentrica rispetto allo stato presente delle cose. Sia che Matera vinca, sia che non veda riconosciute le sue legittime attese. Sara bene esser chiari. Comunque vada, occorrerà rispondere alla prima delle questioni che l’Europa iscrive nelle finalità e nelle ragioni del riconoscimento : prossimità al mondo, coesione e qualità civile nello sviluppo, profilo della classe dirigente, modernità della macchina istituzionale e dei servizi. Insomma una rivoluzione annunciata che vale come un impegno preventivo».
«Dovremo cambiare profondamente stili, costumi e livello delle competenze. Ci vorrà un Consiglio comunale non di anime morte ma di autentici operatori civili. Sarà necessaria una selezione che produca il meglio, che elevi il livello della rappresentanza politico-amministrativa e che non produca ed esponga maschere improponibili. Si tratta di un’autentica sfida che sarà necessario affrontare a prescindere dal risultato che ovviamente vogliamo positivo, anche perché carico di opportunità e quindi di nuove responsabilità. Ecco perché dal 17 di ottobre comunque vada, saremo di fronte a un punto inesorabile di rottura e allo start di partenza verso una nuova storia».
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