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POTENZA – Non saremmo certo i primi in Italia. I Comuni sono in enormi difficoltà un po’ dovunque e, guardandosi attorno, ci si rende conto che in questo periodo ciò che davvero unisce il Paese sono i Bilanci in negativo.
Così pensare a “un’autogestione” delle mense scolastiche non è un’idea così assurda. E parte da un preciso presupposto: la situazione delle casse comunali – a meno che non si verifichi un improbabile miracolo – sarà sempre in rosso per i prossimi anni. Qualunque sforzo si possa fare, questo è un dato incontrovertibile. E ovviamente tutti (da cittadini) ci auguriamo che l’opera di De Luca possa riportare un po’ di luce al capoluogo, ma dobbiamo cominciare a mettere i piedi per terra e iniziare a elaborare un’alternativa alla gestione comunale delle mense scolastiche.
E ne è consapevole lo stesso sindaco se non si dice contrario alla possibilità che sia la ditta a proporsi direttamente ai dirigenti scolastici e ai genitori.
Tanto per fare alcuni esempi: nel comune di Ficarra (in provincia di Messina) da sei anni sono i genitori degli alunni a cucinare e servire i pasti per i loro figli all’interno dei locali della scuola elementare adeguatamente attrezzati a mensa scolastica. E parliamo non dei circa 1.900 pasti che sarebbero necessari per Potenza: qui di pasti se ne distribuiscono circa 4.500.
E il bilancio dell’attività si legge su un giornale locale: «Presentato il bilancio dell’attività svolta nell’anno scolastico 2012/2013, in base al quale a fronte di circa 4.500 pasti serviti e 18.000 euro circa di entrate (di cui 11.700,00 euro a titolo di contributo da parte del Comune), si è avuto modo di risparmiare ben 1.500 euro. non solo è stato garantito un elevato livello di qualità dei cibi cucinati e distribuiti, ma addirittura è stato prodotto un utile economico che verrà impiegato nell’anno in corso per mantenere lo stesso livello di contribuzione da parte delle famiglie che rimarrà dunque immutato (1,80 euro/pasto)».
Cifre che stupiscono: l’anno scorso in questo comune del Messinese è bastato un contributo comunale di poco più di 10.000 euro. Che è servito a coprire il contributo delle famiglie più povere, come potrebbe essere necessario anche qui nel capoluogo. Il resto viene recuperato con il pagamento mensile delle quote da parte delle famiglie e anche grazie alla generosità della collettività, che mette a disposizione ora l’olio ora la frutta.
Perchè allora non provare a emulare questo modello virtuoso? Magari coinvolgendo i commercianti vari che, invece di buttare cibo, potrebbero metterlo a disposizione per i “loro” ragazzi e per la “loro” scuola?
Ci sono poi i casi di Istituti comprensivi autogestiti: succede anche a Roma e provincia. In pratica il servizio viene attivato direttamente dai Comprensivi, effettuando delle gare d’appalto e, in base ai pasti effettuati, il Comune provvede all’erogazione del contributo spettante. Ma è possibile prevedere il “pranzo a sacco”, dando la possibilità alle famiglie, che ne facciano specifica richiesta, di far portare ai loro figli il pranzo da casa.
E poi c’è la proposta avanzata dalla Multiservice qui a Potenza che, almeno temporaneamente, potrebbe essere una valida soluzione. Permetterebbe sicuramente si avviare il servizio in tempi brevi.
Di soluzioni alternative, insomma, potrebbero essere trovate. Bisogna solo trovare il coraggio e la voglia di proporre una strada diversa rispetto a quella percorsa finora. E bisogna avere la forza di tentare un nuovo modello (anche culturale), pur consapevoli che le critiche ci saranno. Perchè saranno molti a criticare le novità, saranno tanti a frapporre i tanti possibili problemi. Ma amministrare significa anche avere chiara un’idea di futuro e imporre il cambiamento. Che sarà necessario se non vorremo perdere definitivamente anche questo servizio. E ora siamo a un passo da questa possibilità.

a.giacummo@luedi.it

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