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E’ indagato per abuso d’ufficio il primo cittadino di Melfi, Livio Valvano, in concorso con l’ex consigliere comunale Antonio Caprarella, “factotum” della ditta Emilio Caprarella srl.
Nei giorni scorsi a entrambi sarebbe stato già notificato un avviso di garanzia (per la precisione un avviso di proroga delle indagini) a firma del pm antimafia Francesco Basentini, che coordina le indagini sulle infiltrazioni dei clan nell’amministrazione della cittadina federiciana.
Del caso si era già occupato il Quotidiano della Basilicata ad agosto, dopo che gli agenti della sezione anticrimine della Squadra mobile di Potenza si erano presentati in Comune con un elenco di documenti da prelevare. Atti e delibere attinenti diverse gare bandite negli ultimi anni, anche prima dell’insediamento di Valvano, che aveva replicato affermando proprio questo.
Al centro del lavoro degli inquirenti ci sono i ricchi affari col comune dei Caprarella: il padre Emilio, già assolto nel processo “Penelope” dall’accusa di concorso esterno nel clan guidato dai fratelli Angelo e Vincenzo Di Muro, ma tornato nel mirino degli inquirenti dopo le dichiarazioni del pentito Alessandro D’Amato; e il figlio Antonio, già consigliere comunale di maggioranza ai tempi della giunta Navazio, e da poco indagato assieme al nuovo primo cittadino.
Proprio ieri è ripreso a Potenza il processo d’appello in cui l’imprenditore 54enne risulta imputato per l’omicidio di Marco Ugo Cassotta, a luglio del 2007, dopo l’arresto, l’assoluzione e l’immediata scarcerazione incassata al termine del primo grado.
Ma solo qualche mese prima del blitz contro i presunti responsabili della faida del Vulture la ditta Caprarella Emilio srl, attraverso il Consorzio stabile Eragon, si era riuscita ad aggiudicare una commessa del Comune di Melfi da 1 milione e 876mila euro, per la realizzazione di 36 abitazioni di edilizia sovvenziata in contrada Sant’Abruzzese. Case destinate ai cittadini che hanno perso la casa per il terremoto dell’80 e ancora vivevano nei prefabbricati.
In più a novembre del 2009 era arrivato il primo stralcio dei «lavori di adeguamento e messa in sicurezza dell’edificio scolastico Francesco Saverio Nitti, in associazione con un’impresa di Napoli, per 1 milione 114mila euro. Tutti appalti al massimo ribasso, risalenti all’amministrazione Navazio, che di recente sono tornati sui tavoli dei dirigenti del Comune per l’approvazione di alcune varianti: come quella da 49mila euro per «lavori complementari»; e quella da 17mila per «spostamento degli arredi e del materiale didattico» del complesso scolastico Nitti.
Stesso copione per le case di contrada Sant’Abruzzese dove sono saltati fuori imprevisti più consistenti: come i 221mila euro per «i lavori di completamento della fornitura in opera di 5 impianti di ascensore e relative opere edili»; e i 166mila di «maggior costo per i noli dei ponteggi tubolari e piani metallici relativi ai lavori». Per un totale che supera di gran lunga un terzo del ribasso praticato in sede di gara.
Anche la giunta comunale in carica si è dovuta occupare dei problemi sui cantieri delle 36 case per gli ex terremotati dopo le dimissioni del direttore dei lavori. Un passaggio risolto con la insolita “staffetta” tra questo e il responsabile del procedimento, che a maggio si sono invertiti nei ruoli con l’avallo del sindaco Valvano e dei suoi assessori.
Emilio Caprarella è tuttora a processo anche per mafia assieme ai fratelli Di Muro, con l’accusa di aver messo in piedi un clan che aveva preso di mira appalti e lavori edili nella città federiciana, come le opere del centro commerciale “La nave” e il progetto della nuova ala del cimitero comunale. Il tutto grazie a un sistema di imprese collegate gestite dai fratelli e da un loro uomo di fiducia, che sarebbe stato lo stesso Caprarella.
Antonio invece, nonostante le accuse sul suo conto di D’Amato e le intercettazioni con alcuni soggetti considerati vicini ai Di Muro, è rimasto sempre fuori dai processi avviati contro i clan melfitani e i loro presunti fiancheggiatori.
L’ipotesi degli investigatori a carico del primo cittadino e dell’ex consigliere comunale non contempla l’aggravante mafiosa, che consente al pm di secretare un’iscrizione sul registro degli indagati oltre il limite standard di 6 mesi. Di qui la necessità di inviare un avviso di proroga delle indagini ai diretti interessati.
D’altro canto, proprio per le stesse ragioni, quanto emerso fin’ora potrebbe essere soltanto una parte di quello che gli investigatori della Squadra mobile hanno raccolto negli scorsi mesi: altri nomi e accuse ancora più pesanti, tutt’ora al vaglio degli inquirenti.
l.amato@luedi.it
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