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E’ TRA i dieci scienziati tra i più importanti al mondo, ha scritto circa 500 pubblicazione ed è coautore di ben 17 brevetti. La sua storia comincia qui, in Basilicata, in un piccolo paese sulle montagne del Parco nazionale del Pollino: Castronuovo Sant’Andrea.
Per tutti questi motivi ma soprattutto per la sua grande umanità, Ettore Appella è stato accolto ieri con un caloroso e lungo applauso dagli alunni del Liceo classico Quinto Orazio Flacco di Potenza, alla presenza delle istituzioni, il sindaco della città e uno dei presidi più conosciuti che l’istituto abbia mai avuto, Lello Mecca.
I primi contatti con la scuola che lo stesso Appella ha frequentato negli anni ‘50 sono avvenuti la scorsa estate, quando, in occasione dei 150 del Liceo, era stato intervistato via Skype da alcuni studenti. In quell’occasione il direttore della Sezione di Immulogia Chimica al National Cancer Institute, negli Stati Uniti, aveva raccontato delle sue ricerche sul cancro e sull’Hiv, sulla sfida a eliminare la tossicità dei farmici e sulla difficoltà a trovare la cura a causa della personalizzazione della malattia.
E ancora, la straordinaria scoperta dell’esistenza di una proteina che non muta e che quindi, secondo il professore, può essere controllata attraverso i farmaci. E’ stato allora che Appella ha fatto una promessa: che sarebbe tornato in Basilicata, dalla quale mancava da anni, per fare gli auguri al Liceo Classico per il suo 150esimo compleanno.
La passione nel narrare il suo lavoro è contagiosa e allo stesso tempo incoraggiante. «In un momento così difficile, dove è complicato immaginare un futuro, è importante che i ragazzi abbiano degli esempi come questo», dice la preside Silvana Gracco.
E lo è davvero Appella, quando racconta come appena diciottenne lasciò la Basilicata per studiare Medicina a Roma e poi intraprendere la strada della ricerca negli Stai Uniti.
«Dopo gli esami e le lunghe giornate di studio – dice – trascorrevo le mie serate nei laboratori, dove ho costruito le mie conoscenze scientifiche di base per poi arrivare in America senza sapere cosa sarebbe successo. Non fu facile».
Poi il messaggio ai giovani lucani: «Esistono delle possibilità in ciascuno individuo. L’importante è stabilire un obiettivo e metterci tutta la passione per raggiungerlo. Voi giovani siete il futuro e avete delle responsabilità: contribuire al benessere dell’umanità».
Ecco che il lavoro diventa addirittura una missione nelle parole di chi avrebbe voluto fare il missionario in Africa, se non fosse riuscito nella ricerca. Mentre si racconta scorrono le immagini in bianco e nero del Liceo Quinto Orazio Flacco negli anni in cui l’ha frequentato Appella, studente della III C anno accademico 1951/1952.
Sono gli anni del temuto preside Lauria – come racconta il fratello, avvocato, anche lui ex alunno in quel liceo, diplomatosi un paio d’anni dopo. Del preside Quercia, appassionato di arte e che gli fece fondare il giornale della scuola dal titolo “Palestra”, del professore De Felice che li portava in gita a San Giovanni Rotondo iniziandoli al dialogo tra ragione e religione.
Accanto ai suoi aneddoti, quelli di alcuni compagni di classe del professore, che lo descrivono come un ragazzo metodico, schivo e programmato già allora nello studio. L’incontro si trasforma così in uno scambio generazionale. Nel piccolo ma intenso viaggio nei valori della scuola di ieri che si intrecciano con quelli di oggi e chissà, anche di domani.
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