4 minuti per la lettura
«E’ come surfare, ma bisogna stare attenti a non cadere, a non farsi travolgere dalle onde». La metafora marina è dell’architetto materano Tonio Acito e si può applicare al momento di svolta che sta vivendo Matera, chiamata a fare i conti con il suo passato, guardando al futuro.
Su tutte le scrivanie del suo studio di architettura ci sono le bandiere a sostegno di Matera 2019, ognuno dei giovani che lavorano con lui ha al petto una spilletta del Comitato. Si chiama partecipazione diffusa e Acito lo dimostra concretamente.
Pochi giorni fa, nel corso di un convegno, ha spiegato come fa una città a passare “Dalle stalle alle stelle”. Al di là della semplice ironia, il passaggio è molto delicato e richiede innanzitutto competenza. Da “Vergogna nazionale” a “Vanto europeo”, il passo può sembrare semplice e confutato dal fenomeno che fa di Matera un luogo di tendenza. In realtà non è così. E’ arrivato il momento di puntare solo sulla meritocrazia. Come se fosse facile, ma questa è la chiave di volta sulla quale basarsi, a patto che il processo sia costante e conduca, indipendentemente dal risultato nella corsa a Capitale europea della Cultura («Ma Matera ha già vinto entrando nella short list – spiega), ad una consapevolezza complessiva a seconda del ruolo che si svolge.
«I Sassi sono passati da una città splendida, quella Settecentesca, a una sovraffollata fino al 1950 per giungere alla città svuotata e poi riconquistata come spiegano personaggi come Carlo Levi e Mauro Padula. Il primo guardava i Sassi e si preoccupava, Padula invece negli antichi rioni osservava le cornici».
La rigenerazione urbana di fatto, nasce proprio in questa città. «Matera – prosegue Acito – è uno degli esempi migliori d’Italia perchè a rigenerarsi sono stati la città, le case, i materiali e riusato gli ambienti ad altro utilizzo». Ecco le tre “R”, cuore centrale del dossier che parla anche di realtà come il vicinato, modificate dall’evoluzione nata dopo lo spostamento dai Sassi.
«Il Vicinato è stato mitizzato – spiega ancora Acito – ma era luogo di gioie e dolori, la stanza all’aperto comune per tutti anche per motivi igienici per evitare di restare al chiuso. Questo modo di vivere dopo il trasferimento nei quartieri è cambiato, già nelle menti di giovani architetti come Aymonino e Quaroni che hanno saputo guardare e ascoltare. Spine Bianche ne è l’esempio: le distanze fra i palazzi, le piazze, le auto vietate e i cittadini che uscivano dai Sassi avevano spazi differenti.
Questo ci ha consentito di mantenere un ottimo livello di relazioni e di bassa criminalità. La gente è pacifica».
La comunità di oggi è anche risultato dell’esperimento che gli architetti italiani realizzarono con i nuovi quartieri e che secondo Acito: «E’ riuscito fantasticamente.
Ma Matera oggi è su un crinale delicato; se lo trasformiamo in motivo di interesse solo economico, dobbiamo farlo a condizione che si rispettino tutti gli equilibri.
C’è in corso una strisciante occupazione dei Sassi da parte delle strutture alberghiere esistenti che hanno capito il business e per questo vanno controllate.
Bisogna tenere in considerazione la vita normale che si svolge in questo quartiere per evitare di cadere nel folclore. Bisogna riaccendere l’attenzione sugli antichi rioni, comprendendo cosa sono e utilizzare quel suolo in modo intelligente. Il piano regolatore di Matera dice, ad esempio, che nella cava si potrebbero fare strutture come centri congressi. In questo modo non interverremmo nei Sassi ma creeremmo un luogo che alla città serve». Il ruolo delle istituzioni è fondamentale.
«Devono prepararsi a questo salto di qualità – dice ancora Tonio Acito – La politica, espressione dei cittadini, dovrà essere la migliore possibile.
Non possiamo mandare a rappresentarci chi non sa cosa sono i Sassi sotto il profilo sociale e culturale. Gli assessori dovranno essere a livello adeguato perchè chi ci osserva lo fa da un osservatorio più alto». In prospettiva, nemmeno tanto lontana, ci sono gli investitori di tutto il mondo tra cui russi e indiani che guardano a Matera al di là della sua candidatura, come luogo di interesse.
«La nostra città ha fatto il miglior processo di avvicinamento alla candidatura rispetto alle altre città che io ho visitato e la nostra è una battaglia che aggrega.
Il giorno dopo che la città sarà diventata capitale, dovremo avere una squadra fortissima, in grado di dare risposte efficienti a tutti coloro che ci stanno osservando».
a.ciervo@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA