X
<
>

Share
3 minuti per la lettura

MATERA – La prima volta che ha visto Matera era un giovane fotoamatore che nel 1958 arrivò trascinato dall’entusiasmo legato al fascino dei paesi del sud Italia descritto nel “Cristo si è fermato a Eboli”. Poi è tornato nel 1966 e nel 1980. Gianni Berengo Gardin ha inaugurato ieri all’ex Ospedale San Rocco la mostra “Radici e percorsi su Matera  e dintorni” che ospita 23 suoi scatti e foto di altri 35 fotografi lucani e italiani, a cura di Marcella Gravela e con la collaborazione di SimbdeaLab società cooperativa.  Uno sguardo a 360 gradi sulla città che tra un secolo e l’altro ha cambiato la propria immagine e il proprio tessuto sociale. «Oggi ho visto grandi differenze  – spiega confrontando le due epoche della  visita in città -Allora i Sassi erano invasi dalle erbacce e abbandonati.  Oggi sono stati restaurati». Alle sue spalle ci sono alcuni degli scatti più celebri, in bianco e nero, frutto dello straordinario rapporto con la sua macchina fotografica, occhio privilegiato di una professione del tutto particolare. E’ quello il mondo che Berengo Gardin raccontò con le sue foto ma che oggi non si ritrova  più. «Nel 1958 mi colpì la civiltà contadina. Oggi fotograferei la città, l’insieme, il paesaggio perchè è migliorato». I suoi 84 anni non gli hanno impedito di affrontare i Sassi a piedi e fotografare anche questa volta, come conferma guardando sua figlia che lo accompagna.  La mostra, spiega la curatrice Marcella Gravela, che riunisce 95 immagini ha un obiettivo benefico: «Il titolo della mostra riprende uno dei temi del Dossier di candidatura ma il forte messaggio culturale è legato alla destinazione dei fondi che andrà ai Padri missionari francescani e al progetto che garantirà l’apertura di un asilo per bimbi disagiati a Taldykorgan in Kazakstan. La foto è testimonianza e opera d’arte che sviluppa cultura. Ho scelto Gianni Berengo Gardin che ho incontrato durante un workshop dove ho visto le sue foto dei Sassi, alcune delle quali non sono conosciute». Il sindaco Salvatore Adduce ha sottolineato il ruolo della fotografia nella descrizione di una città che è innanzitutto Patrimonio dell’umanità.  «Gianni  Berengo Gardin ci ha offerto una visione  della nostra città attraverso il suo sguardo e  queste foto. Sono immagini molto pregnanti che avvicina l’umanità di cui è animato il suo lavoro». In mostra anche gli scatti di: Lela Campitelli, Aldo Cancelliere, Nino Castelli, Luca Centola, Nico Colucci, Raffaele Contini, Ciriaca Coretti, Tania Danieli, Matilde Decuzzi, Paolo Di Cuia, Antonio Di Giulio, Michele Di Lecce, Francesca Di Paolo, Marcella Di Palo, Enzo Epifania, Ilaria Ferrara, Ivan Franco Focaccia, Antonio Genovese, Giuliana Giannotti, Mirko Iacovone, Salvatore Laurenzana, Serena Libutti, Raffaele Lungo, Vito Martinucci, Francesca Montemurro, Giovanni Nardini, Roberto Nasci, Francesco Passarelli, Lorella Ruscigno, Antonio sansone, Pasquale Scarcia, Andrea Semplici, Mariano Silletti, Claudia Venezia, Francesca Zito.

a.ciervo@luedi.it

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE