3 minuti per la lettura
MIRKA Daniela Giacoletto Papas è il vicepresidente dell’AIE (Associazione italiana editori) ed è presidente degli Editori accademico-professionali. Una presenza importante alla Blu, quello spazio che mette insieme editoria e conoscenza, per provare ad avere anche l’occasione per riflettere sul futuro di un settore che, forse più di molti altri, è stato travolto dal cambiamento.
Tecnologie, digitali, abitudini di consumo, crisi economica: l’editoria ha subito o affrontato la velocità del nuovo corso?
E che cosa significa editoria oggi?
«Significa vivere una delicato, ma necessario passaggio verso nuovi formati, strumenti e tecniche nella gestione dei contenuti, nella loro organizzazione e nella loro messa a disposizione. In primo piano deve esserci sempre la qualità dei contenuti : occorre disporre delle tecnologie più avanzate e saperle usare, senza farsene condizionare. Non bisogna adattare il contenuto al formato, ma saper scegliere il formato più funzionale al messaggio che voglio dare».
Cambia la relazione tra medium e messaggio?
«McLuhan diceva “il medium è il messaggio”. Ecco, oggi, alla presenza di un divenire veloce e quasi disorientante di hardware, software, social e così via, occorre dire che “il medium non è il messaggio. E’ solo uno strumento”».
Che ruolo hanno tecnologie e digitale?
«Possono avere un ruolo di facilitazione nella raccolta e memorizzazione dei dati, nel processo produttivo, nell’arricchimento dei contenuti in termini di contestualizzazione di elementi diversi. Pensiamo a testo, immagini, filmati, documenti, rimandi ad altri spazi di lettura e documentazione. Tutto questo richiede però una grande padronanza dello strumento e una capacità di valutazione critica e vigile nel suo utilizzo, per evitare il rischio di trasformare dati, pensieri e documentazione in un magazzino informe».
Che significa innovazione nell’editoria legata alla formazione e al mondo scientifico?
«Oltre a quando detto prima, cambia (o può cambiare) il sistema di relazioni, particolarmente significativo proprio nel processo di apprendimento. Innovazione significa interattività, rapidità nei tempi di confronto, correzione, dimostrazione, consultazione. Che non è l’esclusione del libro, ma l’utilizzo del libro come un elemento vivo con cui confrontarsi e lavorare. Pensiamo alle aule interattive, dove pezzi di libro vengono proiettate su schermi su cui il docente evidenzia, suggerisce, rilancia ipotesi e così via».
Che futuro per l’editoria? E per le piccole case editrici o quelle di settore?
«Il futuro dell’editoria, e soprattutto quello delle piccole case editrici, è legato alla capacità della nostra società di capire che non c’è futuro, lavoro, sviluppo senza cultura, che la cultura è conoscenza, memoria, spirito critico e che occorre quindi cambiare il dato drammatico di oggi per cui il 60% di italiani non legge neanche un libro l’anno. Il futuro è anche legato alla necessità che le grandi case editrici, che in 5 controllano oltre il 60 per cento del mercato editoriale, non ragionino solo in termini di marketing e fatturato ma si facciano carico del ruolo sociale che un editore deve svolgere per esistere come tale».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA