3 minuti per la lettura
POTENZA – «Una forma mentis omertosa». Non ha trovato altre parole don Ambrogio Atakpa per provare a spiegare i silenzi del suo viceparroco e delle donne delle pulizie della Trinità di fronte alla scoperta del corpo di Elisa Claps.
E’ stata una deposizione difficile quella dell’ex amministratore parrocchiale della chiesa di via Pretoria ieri mattina nel processo per false dichiarazioni ai pm nei confronti di Margherita Santarsiero e Annalisa Lovito.
Don Ambrogio ha ripercorso per tre ore il suo arrivo al posto che era stato per 50 anni di don Mimì Sabia, e quei giorni concitati di marzo del 2010 quando è venuto alla luce il segreto nascosto per 17 anni nel sottotetto.
Ha raccontato le telefonate con don Vagno, il viceparroco brasiliano che gli avrebbe rivelato di aver visto tempo prima quel cadavere con le due donne delle pulizie. Ha riferito la sua incredulità, fino al confronto col vescovo, Agostino Superbo, a cui il giovane sacerdote aveva riferito la stessa sconcertante verità, e che a sua volta faticava a comprendere un fatto del genere.
Incalzato dalle domande del pm Laura Triassi il prete togolese, che da qualche anno si è trasferito a Roma, ha confessato di non essere stato più in grado di affrontare il suo vice dopo aver capito cosa gli aveva tenuto nascosto. «E’ una cosa gravissima quella che avrebbe commesso, un tradimento anche nei miei confronti. I magistrati di Salerno mi hanno chiesto di convincerlo a dire la verità ma non ho potuto farlo. Ho avuto paura di avvicinarlo per quello che poteva succedere».
Ma don Ambrogio ha parlato anche dei suoi problemi con i ragazzi che animavano il centro culturale ospitato al terzo piano della canonica della Trinità: proprio nei locali da cui si accedeva al terrazzo e poi al sottotetto.
«Non sono stato mai lassù prima del sopralluogo con il titolare della ditta Lacerenza per le infiltrazioni d’acqua nella canonica». Ha ripetuto con forza.
Sapeva dell’esistenza del sottotetto perché proprio il responsabile del Centro Newmann gli aveva detto che una volta l’anno salivano «per aprire una finestra e far cambiare l’aria» e che c’era una statua di San Giovanni custodita lì dentro. Ma non si è avventurato nemmeno durante quel sopralluogo, delegando gli operai a effettuare tutte le operazioni del caso per rimediare alle infiltrazioni che nel frattempo dalla canonica erano arrivate anche all’aula sacra.
Il processo contro le due donne delle pulizie che hanno negato di essere mai salite lassù a differenza di quanto dichiarato da Don Vagno riprenderà il 24 ottobre.
Di «condotte omertose» sulla vicenda di Elisa Claps aveva già parlato il gup Elisabetta Boccassini nella sentenza di primo grado contro Danilo Restivo, condannato a 30 anni in appello per l’omicidio di Elisa Claps.
«Una delle donne addette alle pulizie della chiesa in questione, Santarsiero Margherita, – scriveva il gup – tra fine gennaio ed il mese di febbraio scorso (non è certa la data) aveva scoperto i resti del cadavere nel sottotetto e ciò prontamente aveva riferito alla figlia, Lo Vito Annalisa, pure addetta alle pulizie, nonché al viceparroco della parrocchia, Don Wagno Oliviera e Silva, con il quale, subito dopo la scoperta, si erano recati nel sottotetto. Qui, il vice parroco, nel constatare la presenza del cadavere, aveva toccato con un dito (a suo dire) gli occhiali da vista presenti vicino ai resti mortali, mentre le due donne avevano asportato alcune buste di immondizia e spostato qualche pezzo di tavola, che pare ricoprisse il cadavere, contribuendo ad occultarlo. Le due donne, benchè più volte sentite a verbale, negavano il rinvenimento del corpo assumendo un atteggiamento assolutamente inspiegabile e a tratti anche irrazionale. Santarsiero Margherita, che dopo un primo confronto con don Oliveira e Silva, ammetteva la circostanza, in una successiva audizione nuovamente negava».
l.amato@luedi.it
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA