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IL giudice del lavoro (sezione Civile) del Tribunale di Potenza, Rosa Maria Verrastro, ha accolto il ricorso presentato dagli operai dello stabilimento di Melfi della Fiat – Giovanni Barozzino (ora senatore di Sel), Antonio Lamorte e Marco Pignatelli – sull’illegittimità dei licenziamenti avvenuti nel 2010.

 L’azienda torinese li aveva licenziati per «aver bloccato la produzione durante uno sciopero interno» nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2010.

Un mese dopo il giudice giudicò antisindacale il comportamento della Fiat – in base ai ricorsi presentati dalla Fiom – reintegrando i tre operai (due dei quali erano delegati del sindacato). Una successiva sentenza (del 2011) accolse invece il ricorso della Fiat, a cui seguì la decisione della Corte d’Appello, che ribaltò nuovamente la situazione dichiarando illegittimi i licenziamenti.

Dopo il reintegro definitivo deciso dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione (nel 2013) sono stati i tre operai a presentare i ricorsi individuali sulla vicenda, sui quali si è espresso il giudice del lavoro, disponendo il pagamento delle indennità «commisurate alla retribuzione globale» da «calcolarsi dal giorno del recesso fino a quello di effettiva reintegra» e i contributi previdenziali.

«E’ un’importante sentenza – ha detto in una nota il segretario lucano della Fiom, Emanuele De Nicola – che dimostra ancora di più la validità dell’articolo 18, che in questi giorni si sta tentando di cancellare, contro l’ingiustizia dei licenziamenti discriminatori che non possono essere barattati con i risarcimenti economici. La dignità del lavoro, prevista dalla nostra Costituzione, deve restare una battaglia di civiltà contro chi vuol confondere e dividere i lavoratori».

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