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I VELENI della Cardiochirurgia del San Carlo sono approdati ieri in consiglio regionale avvelenando – il contagio ormai sembra essere virale – anche l’aula.

Aula che, alla fine, somigliava più a quella di un Palazzo di giustizia che a una sede istituzionale.

E dire che il presidente della Regione, Marcello Pittella, ha optato per il silenzio, anche se a parlare è stato il suo volto che, tra “un’arringa” e l’altra, è diventato sempre più teso. Non a caso,  dopo avere dato lettura della sua relazione, ha chiesto ai componenti del consiglio di rinviare la discussione. Una richiesta di rinvio dettata non dalla volontà  di coprire una vicenda scottante – del resto ormai non c’è davvero niente più da coprire – bensì da una volontà opposta: scoperchiare tutte le pentole, ma con carte alle mano.

«Anche qualora, come tutti ci auguriamo – ha detto Pittella –  non venissero rilevate responsabilità penali, l’ispezione regionale affronterà comunque gli altri, non meno importanti, aspetti di questa vicenda poiché, ripeto, dopo il dovere di verità sulla morte di una persona, la Regione ha il dovere e l’obiettivo, con tutti i mezzi a sua disposizione, di fare il necessario perché una funzione di alta specialità, unica in ambito regionale, possa svolgersi nelle migliori condizioni organizzative e funzionali». Il che, tradotto, significa una cosa sola: l’era del direttore generale del San Carlo, Giampiero Maruggi, è finita. 

Insomma c’è il sospetto che sia per Maruggi e di conseguenza per  Marraudino (primario di Cardiochirurgia n.d.r.) le valige siano belle che pronte.

 «È necessario – ha precisato Pittella  –  oggi attendere l’esito dei lavori della Commissione ispettiva, è necessario non anticipare sulla base di una ricostruzione ancora incompleta valutazioni o, peggio, conclusioni fatte prima che tutti gli accertamenti in corso vengano completati e diano un quadro chiaro ed esaustivo». 

Unico, forse, ad avere colto il senso di queste frasi è stato, anche se in maniera “strumentale” il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Gianni Rosa che ha posto una domanda:  «Dobbiamo credere  alle voci per le quali la scelta del dottor Marraudino è avvenuta a tavolino ed è stata concordata tra Martorano, Bubbico e De Filippo, escludendo così il dottor Nappi?».

E Rosa ha aggiunto: «l’assise in cui oggi sediamo non può sottrarsi a un’analisi che deve essere innanzitutto politica». Poi, però, il consigliere di Fratelli d’Italia, ha deciso di “indossare la toga” e si è trasformato in pubblica accusa. Il processo ha inizio: «Una donna è morta, un medico si autoaccusa di aver assistito ad un omicidio volontario, un verbale operatorio è stato falsificato, tutti gli operatori del reparto sapevano e hanno taciuto, la politica sapeva e ha coperto». Non solo.  «Far operare un chirurgo che ha fatto il turno di notte è prassi consolidata? Falsificare verbali operatori è effetto della litigiosità tra medici? È un fatto normale?».  Solo «questo basterebbe a pretendere e  ottenere le teste di coloro che hanno permesso che tale fatto accadesse e sporcasse l’immagine dell’azienda ospedaliera  e di quanti operano onestamente e nel rispetto delle regole».

A prescindere dagli interrogativi di Rosa una cosa va detta. Quando Maruggi ha commissionato e pagato l’attività di audit al fine di “pacificare” gli animi all’interno della Cardiochirurgia ha omesso di dire che quell’audit era anche la conseguenza di quanto accaduto a maggio del 2013, ovvero il decesso della donna di 71 anni. E a “parlare” sono le date. L’audit, infatti, è stato deciso con una delibera del 24 marzo scorso. In quel periodo i vertici dirigenziali del San Carlo sapevano già che una donna era deceduta. E lo sapevano perché il sostituto procuratore della Repubblica, Anna Gloria Piccininni quando ha aperto il fascicolo su esposto anonimo ha disposto la riesumazione del cadavere della donna. Il tutto ovviamente è stato notificato ai vertici dell’Azienda ospedaliera. Quello che è avvenuto dopo la pubblicazione dell’audio shock non ha fatto altro che innescare una catena di veleni che non hanno risparmiato nessuno.

E che ieri hanno fatto sì che in un’aula consiliare si tenesse una vero e proprio processo.

«Se il reato di omicidio volontario – ha aggiunto Rosa – dovesse essere accertato, il quadro che emergerebbe sarebbe gravissimo». Ed ecco allora la richiesta di una pena: «Commissariare il San Carlo  in attesa che la vicenda si chiarisca».

Il “processo alla Cardiochirurgia” è poi proseguito con l’arringa del consigliere di Forza Italia, Michele Napoli. Arringa che ha preso le mosse da una disamina della Sanità lucana e delle «performance dell’Unità operativa di Cardiochirurgia»

L’esponente di Forza Italia, che è anche il legale di fiducia di Fausto Saponara (il medico che avrebbe registrato lo sfogo del collega Michele Cavone n.d.r) ha, mettendo le mani avanti rispetto al duro botta e risposta avuto nei giorni scorsi con il consigliere Santarsiero, puntato tutto sul «fine nobile» del suo «impegno politico: migliorare l’efficienza, l’efficacia, la qualità dei servizi, l’appropriatezza delle cure» sciorinando una serie di dati sulla mortalità, sulle performance, su bypass e «valvuloplastica». Da avvocato a luminare della cardiochirurgia il passo è breve. Ancora più breve il passo contrario: «Altro che strategie pubbliche in studi privati. Altro che interessi di natura indefinita» è solo «la storia personale dell’impegno profuso nel corso di questi anni, documentato agli atti di questo Consiglio, a smentire le risibili illazioni di qualche d’uno che, come è naturale che sia, risponderà nelle sedi giudiziarie delle riferite nefandezze. Perché una cosa è la polemica politica, ben altro è offendere l’onorabilità delle persone».

Facile capire a chi le bordate. E a chi arriverà la querela. Santarsiero freme. Ci si aspetta che prenda il microfono e intervenga. C’è tensione. Lo notano tutti. Forse “strategicamente” prendono la parola i consiglieri  Pace (Gruppo misto), Romaniello (Sel), Mollica, (Udc), Leggieri (M5S). Magari il tempo dei loro interventi servirà a placare l’esponente del Pd. Qualcuno avrebbe anche “consigliato” a Santarsiero di non intervenire. Consiglio che rimane inascoltato. «Occorre chiarezza assoluta – tuona dal suo banco – nessuna tutela e giustizia rigorosa». Poi il siluro viene sganciato: «C’è chi pensa di piegare le istituzioni e utilizzare tale fatto per altro e non ci si rende conto del danno che si procura ad una struttura di eccellenza e al lavoro di 2000 seri professionisti». Dagli atti «emerge una lunga storia con troppi equivoci e doppi ruoli» ma anche «una domanda: perché in occasione dell’audizione di tutto il reparto da parte della Commissione di verifica non fu denunciato quanto accaduto?». Ed è questa domanda di Santarsiero che riporta nuovamente  all’omissione di Maruggi sui veri motivi dell’audit.

Ora bisognerà attendere i risultati delle ispezioni ministeriali e regionali per vedere se la Cardiochirurgia verrà condannata e quale pena verrà comminata ai vertici del San Carlo.

a.giammaria@luedi.it

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